Coppe europee: primo turno (ritorno)

Tutto sommato, il bilancio dei club italiani alla fine del primo turno di coppa è positivo, specie dopo i magri bottini delle gare di andata. Soprattutto per via dei quattrini incassati onde garantire le dirette televisive (per dire: l'Atalanta ha potuto convincere i gallesi a cambiare orario e giocare alle 18 con un argomentazione pregnante (100 milioni di lire); la truppa amatoriale ne ha approfittato per rimanere a Bergamo un giorno in più e organizzare un colossale shopping). E' vero, si è perso subito il Napoli nella competizione più importante, ma è uscito contro la favorita d'obbligo di ogni stagione; le altre hanno confermato il pronostico, in taluni casi (Milan e Atalanta) vanificando la sconfitta subita tra le mura esterne. Nulla di epico, naturalmente.

Ibrox Park, Glasgow.
Mark Falco vive la sua migliore serata con la casacca dei Rangers
Viceversa, notevole è la rimonta dei Rangers sulla Dinamo Kiev in Coppa dei campioni; e l'impresa di un capovolgimento viene solo sfiorata dal Galatasaray, maltrattato a Eindhoven ma capace di spaventare i forti olandesi all'Ali Sami Yen. Altre rimonte vedono protagonisti il Den Haag, l'Iraklion e l'Hajduck in Coppa delle coppe, dove meritevole di un cenno è la vittoria esterna della Real Sociedad, che risolve il problema dello zero a zero impostale dallo Slask a San Sebastián. La soddisfazione dei Rangers è doppia, perché i rivali del Celtic vengono eliminati dal Borussia Dortmund in Coppa Uefa, dove l'altro Borussia è invece spazzato via dall'Espanyol. Festeggiano una risalita difficile anche la Dinamo Tbilisi e il Brugge.

Questi i tabellini e i rimandi ai riflessi filmati (se disponibili) delle partite più interessanti:


Coppa dei campioni

Napoli-Real Madrid
Cineteca

Rangers-Dinamo Kiev
Cineteca

Galatasaray-PSV
TabellinoHL


Coppa delle coppe

Den Haag-Ujpest
Tabellino | HL

Slask Wroklaw-Real Sociedad
TabellinoHL

Hajduck-Aalborg
Tabellino | HL in Evrogol (v. sotto)

Marsiglia-Lokomotiv Leipzig
TabellinoSintesi | HL

Iraklion-Vitosha Sofia
Tabellino e sintesi

Atalanta-Merthyr Tydfil


Coppa Uefa
Borussia Dortmund-Celtic (giocata il 29 settembre)
Cineteca

Milan-Sportin Gijon

Espanyol-Borussia M'Gladbach
TabellinoHL

Juventus-Valletta
TabellinoHL

Brugge-Zenit
TabellinoHL

Verona-Pogon

Inter-Besiktas
Tabellino |  HL

Dinamo Tbilisi-Lokomotiv Sofia
Tabellino | Il secondo gol


Altre immagini:
Evrogol (su Radio-televizija Beograd)

Due "pibes" millenari

di Jorge Valdano


Jorge Valdano non ha bisogno di presentazioni. E' una delle figure di maggiore intelligenza che abbiano mai fatto capolino nell'universo del football, che ha esplorato in tutte le sue dimensioni (da calciatore e allenatore di vertice, dirigente, analista, commentatore). Smise di giocare nella primavera del 1987, a trentadue anni non ancora compiuti, per una brutta malattia. Valdano, si sa, scrive. Scrive di calcio come pochi, oggi, sanno fare. Su "El País", il 30 settembre 1987, giorno di Napoli - Real Madrid, comparve un suo 'articolo' dedicato al Buitre e al Pibe, attesi protagonisti della serata.



Appartengono alla medesima generazione e sono cresciuti separati dallo stesso oceano; li ha separati ancor più l'ingiustizia dei natali, ma li unisce eternamente l'invisibile pallonata della passione calcistica. Non li comparo né li equiparo: semplicemente, li associo a un'idea nitida di intendere il calcio e a una maniera magica di praticarlo. Attraggono trascinanti entusiasmi collettivi da proporzioni distinte, amministrano dollari a milioni, si accaparrano tutti i titoli giornalistici e continuano a intristirsi quando non giocano bene. Nulla ha obbligato Butragueño a essere pícaro. È stato avvantaggiato sin dal principio, ma non si è mai rifugiato nella bambagia. Ha conosciuto il calcio durante l'ora della ricreazione nel cortile di un'esclusiva scuola elementare del centro di Madrid, e il suo talento ha rapidamente risolto i problemi derivanti dalla mancanza di spazio per sovrabbondanza di gambe. Da quel momento non ha bisogno di spazio, lo inventa: trenta centimetri di luce gli bastano per applicare quel suo senso esatto e seducente della pausa e dell'accelerazione. Riceve di spalle e – oplà – è già di fronte. L'area di rigore è il suo feudo, nel quale esibisce il suo sublime marchio quando, circondato da nerborute gambe carnivore, cede la sfera e abbassa le braccia, come per arrendersi. Non credetegli. In realtà non si arrende: ciò che questo incorreggibile incantaserpenti sta conducendo è una rapida seduta di ipnosi e, quando gli avversari sono ammansiti, si riaccende e ingrana la quinta marcia, per ricomparire, sano e salvo, nell'unico spazio in cui misteriosamente non c'è nessuno. Se è fortunato, la giocata termina con un gol, ma di un altro, perché lui, come Ricardo Bochini, di queste volgarità pare non volersi occupare.

Nel quartiere dov'è nato Maradona i genitori montano sull'autobus alle sei di mattina e ne scendono alle dieci di sera, perché essere onesto richiede tempo e fatica. Ragazzi scalzi che giocano a calcio in campetti gibbosi vedono nel pallone il simbolo che li distrae dalle disgrazie del presente e promette loro una futura via di fuga. 

In quella fucina di talento, Diego ha unito la tecnica alla propria immaginazione ("non v'è genio senza tecnica", affermava Pablo Picasso) e sin da fanciullo cominciò a mostrare meraviglie. È differente perché fa tutto bene e lo rende bello, ed è inspiegabile perché non risponde ad alcun calcolo. Qualsiasi angolo del campo pare la sua collocazione naturale; la sua gamba sinistra corregge il movimento nell'ultima frazione di secondo; quando pare frenare, scatta e quando pare scattare, frena. Nei campi da gioco sfida le leggi dell'equilibrio, nel mondo regala felicità. Essere suo compagno di squadra è pericoloso, perché la sua magia ti fa dimenticare di essere protagonista e ti converte in uno spettatore. Ti lascia persino un'espressione inebetita. 

Mi ricordano il tango, perché sono due pibes millenarî che a volte giocano goccia a goccia, altre volte a fiotti, ma pur sempre ricorrendo a nobili arti per riscattare il calcio dalla mediocrità.

Nella partita Real-Napoli nessuno dei due è riuscito a brillare. Si sono incrociati dopo la partita in un ristorante madrileno e si sono salutati timidamente. Non importa che la vita abbia costretto Diego a partire da dietro e abbia riservato al Buitre la pole position. Entrambi erano ugualmente tristi, entrambi afflitti dal medesimo vuoto che corrisponde all'orgoglio. Oggi, al San Paolo, due geni dall'orgoglio ferito avranno la loro seconda opportunità. Può succedere di tutto. Se al termine dell'incontro rideranno, sarà perché tutti noi ci saremo divertiti.

"El País", 30 settembre 1987 (Traduzione italiana a cura del Duca)

Cronache di ferocia

di Gianni Mura

A rileggere il commento alla domenica di ordinaria violenza del 27 settembre 1987 non solo sembra che non sia cambiato nulla da allora ad oggi, ma anche che l'origine dei problemi apparisse chiarissima già trent'anni fa. Per chi avesse voluto vederla.

Alla terza giornata di campionato ci si ritrova immersi in una cronaca triste e feroce, prima durante e dopo le partite. Milioni di danni, a Firenze, al ristorante di Aldo Agroppi, "colpevole" di aver allenato la Fiorentina e di tornare a Firenze sulla panchina del Como. Aggrediti giornalisti a Genova e a Pisa, non è una novità specialmente a Pisa, dove Romeo Anconetani amministra il suo potere (enorme) con metodi da signorotto feudale. Bar assaltati, sassaiole, arresti, sempre a Pisa e anche ad Avellino, milioni di danni ai servizi (regolarmente distrutti) di una curva, fermata gente con coltelli, un agente di custodia di Rebibbia che spara con la pistola, strano gli si sia usato il riguardo di non pubblicarne le generalità, ma ormai siamo al punto che qualcuno ritiene una precauzione in più, come il maglione o l’ombrello, andare allo stadio con la pistola. Il solito imbecille aggressivo (il guaio è che quasi tutti gli imbecilli sono anche aggressivi) ha rovinato la domenica al Pisa e un pezzo di cranio a Renica: inevitabile lo 0-2 a tavolino, dopo una vittoria meritata sul campo. Ad accendere le polveri l'espulsione di Elliot, propiziata da una sceneggiata di Bagni, che sarà perseguitato dagli arbitri (dice lui) ma qualche volta gli va anche bene.

È inutile dare la colpa a questo o quello, ad Avellino la partita è stata combattuta lealmente, ma gli scontri ormai avvengono "a prescindere", le bande romaniste, lasciato cadere Manfredonia, hanno trovato un altro passatempo. Non c’è più bisogno di provocazioni, con o senza virgolette, di decisioni arbitrali avverse, di rabbie antiche per una retrocessione o un mancato scudetto. I giochi, sui campi, sono tutti da fare. Attorno ai campi, nelle città, intanto si gioca a fare i violenti, sapendo benissimo che non è un gioco.

Una volta di più, ci si accorge di quanto sia inutile predicare ai sordi: le famose "frange" si sono molto ingrossate, sono curve intere, ormai, ma poi non è giusto additare solo la curva, il seme della violenza è cresciuto anche sulle tribune. Le società di calcio, incoscienti prima, nell’incoraggiare e foraggiare gli ultras del tifo, sono adesso impotenti a controllarli: se ne sentivano padrone, ne sono diventate schiave. Le forze di polizia, nel dubbio, sono "casalinghe" come certi arbitri, accalappiano solo quelli che vengono da fuori. Si attende sempre di vedere, come in molti altri paesi, il poliziotto che guarda il pubblico, non la partita, unico modo per prevenire. È umiliante dover concludere che, in questa domenica nera, è andato tutto bene, relativamente. Equivale a dire che si aspetta il peggio, per intervenire. Non bisognerà aspettare molto.

"La Repubblica", 29 settembre 1987

Lo scudetto si vince in gradinata

di Gianni Brera

Contestato violentemente a Marassi dai "tifosi" sampdoriani perché "vecchio genoano", Gianni Brera comincia a prendere coscienza anche lui che il clima sta cambiando - in peggio - negli stadi italiani.

Il campionato celebra la III giornata il giorno in cui a nord finisce l’estate. Lo scirocco turba qualche animo bennato e no. La Roma e il Pisa realizzano i colpi più clamorosi. La classifica premia la Roma prima di reintegrare il Napoli con 2 punti sanciti a tavolino. Fatalità e protervia privano il Pisa d’una vittoria non immeritata. La fatalità è propiziata dall'arbitro, che non vede Bagni picchiare per primo Elliot ed espelle soltanto il nero del Pisa. Lo sdegno per simile malestro viene sintetizzato con un gesto delinquenziale del solito vigliacco di turno, che scaglia una rondella di ferro sul napoletano Renica, in uscita al 45’. Renica viene medicato in spogliatoio alla presenza dell’arbitro e del segnalinee. Ha sofferto una lacerazione al capelluto. Il Napoli sa di aver vinto de Lege la partita e non fa molto alla ripresa per evitare di perderla sul campo. Chi l’ha visto in formazione-tipo non giura sulla sua condizione psicofisica. La riluttanza a spremersi è comprensibile: lo aspetta il ritorno con il Real al San Paolo: altroché sentirsi tremare le vene e i polsi! Sul gestaccio del tifoso pisano lancia-rondelle è inutile spendere considerazioni morali. Va piuttosto capita la disperazione di Anconetani non meno del sarcasmo di Leone-in-pace, inviato del "Mattino" di Napoli. Fuori di sé per la rabbia, Anconetani ha sfiorato il grottesco minacciando di chiamare i carabinieri perché espellessero i giornalisti dalla "sala stampa". Gli è stato obiettato che lo stadio è del Comune, non del Pisa.

Il gol di Briegel e i lavori in corso a Marassi
I carabinieri si sono dimostrati più utili in quello che resta dello stadio Marassi, caro alla mia infanzia. Il trauma è stato violento. D’improvviso mi sono trovato in uno dei campetti periferici della banlieue milanese negli Anni Trenta. Intorno le gru dei cantieri; le fosse per gettarvi le fondamenta; e qui anche i portoghesi affacciati dal parapetto di Righi. Scomparsa la tribuna sul Bisagno! Giocano Sampdoria e Verona. I miei lettori sanno che il pronostico di "Repubblica" favoriva i liguri. Mancano a Bagnoli elementi importanti come Giuliani e Bruni. La mancanza del portiere titolare si avverte quando una punizione diagonale di Mancini arriva tranquillamente alla testa di Briegel. L’intervento di Bonetti è tardivo e fa addirittura pensare a un autogol. Doveva uscire Copparoni. Il Verona reagisce virilmente, sotto la spinta di un Berthold molto meno sagace che dinamico. Il centrocampo della Samp è più calibrato ed elegante (specie in Cerezo). Volpati contiene alla meglio Mancini e Fontolan annulla Vialli: ma la propulsione di Di Gennaro e dei suoi è scarsa. Il pari (1-1) viene propiziato da Vierchovod con due rozzi spintoni a Larsen: il primo, preventivo, al 40’, non viene punito dall'arbitro, e però basta a metterlo sull'avviso: il secondo spintone, al 41’, segue troppo da vicino il primo per sfuggire alla meritata sanzione. Larsen pareggia con due tiri. Alla ripresa il Verona perde anche l’apporto dinamico di Berthold e per soprammercato Mancini lo inchioda con un gol uno-su-mille da 25 metri: si accentra da sinistra con tre tocchi che nessuno contrasta: poi d’improvviso sferra il destro, che centra irresistibilmente il sette alla destra di Copparoni. Qui il Verona, conscio di sé ma non troppo, tenta a suo rischio il 2-2. Fontolan costringe Bistazzoni in angolo ma, sulla battuta di Berthold, cicca ignobilmente Larsen (25’). È l’ultima occasione (relativa: però... statisticamente valida). La Samp fa 3-1 con questo spumeggiante e mirabile schema: Briegel avanti a Cerezo: lancio-apertura sulla sinistra per Mancini: smarcamento premeditato, rapido, del bergorusso Vierchovod: passaggio-gol di Mancini: arrivo fulmineo e sinistro perentorio del bergorusso nell'angolino a sinistra di Copparoni. Giusto poi che Vialli sprechi un rigore per fallo "non commesso" da Bonetto su Salsano.

Dicevo dell’utilità dei carabinieri a Marassi. Li chiama un bravo collega di Genova, giustamente preoccupato. I tifosi sampdoriani sfogano le frustrazioni passate facendo pesanti ficche ai giornalisti ospiti, con supplemento speciale per me, vecchio genoano. Da vero gentiluomo, il presidente Mantovani evita collisioni sgradevoli accompagnandomi alla Sala Stampa. Debbo dirgli grazie ma anche ricordargli, in tutta sincerità, che un pubblico siffatto rende molto problematica la conquista dello scudetto. La mia smazzata tecnomantica per Italia Uno ha detto due volte Samp e due volte Inter: però la realtà, molto meno allegra, è data dalla evidente immaturità dei tifosi: la squadra di Boskov ha possibilità notevoli: sugli spalti meriterebbe di meglio.

La copertina del "Guerin sportivo" dopo la 3ª giornata
A Torino si stava già contestando la Juve quando l’ultimo sparuto difensore di Galeone ha perso palla nel controllarla sotto misura e Rush ha segnato il suo primo gol con un bel tiro d’angolo. Alla ripresa, un lungo rilancio ha consentito a Rush di liberarsi del solo occasionale custode e di tornare in gol dopo lungo contropiede (!!!). Il pubblico ha dimenticato di far mordere il sigaro a Marchesi e Favero ha segnato il 3-0. Poi ha fatto 1-3 Junior con un delizioso collo-interno destro su punizione dal vertice sinistro. Il pubblico l’ha osannato. In spogliatoio hanno chiesto a Junior cosa ricordasse di Torino. "La nascita di mia figlia", ha risposto il brasiliano. Non un cenno allo striscione d’un derby sul quale era scritto "Apartheid". Forse gli applausi dalla Filadelfia sapevano di espiazione. Perfino don Giovanni Agnelli ha ammirato Rush. Quanto a Marchesi, deve aver benedetto le manovre di Galeone, così deliziosamente legate all'idealismo tattico. Mai uno straccio di custode sulla Grosse Berthe del Galles; per giunta, il contropiede vanitosamente lasciato alla squadra di casa, che non era il caro Codogno, bensì nostra Signora de' campionati.

Contrario al difensivismo storico anche Arrigo Sacchi, il quale tuttavia ha dedotto dal folgorante 0-0 di Cesena che "il Milan è da scudetto". Per quali misteriosi passaggi logici sia giunto a tanto il Sacchi non è dato sapere, nemmeno considerando il fatto che rientrava Baresi II. Visto invece pazziare Gullit nello spirito di indipendenza che animava anche Wilkes, pioniere degli olandesi in Italia. Visto ancora Virdis a segatura su terreno estivo. E Van Basten fuori per un tempo. Mah. L’Inter ha messo sotto l’Empoli, giustamente arroccato, aggredendolo prima con tiri da fuori (tre traverse schioccanti) e poi infilandolo nel solo altro modo possibile: di acrobazia in quota. Fulminea e perfino entusiasmante l’incornata di Serena su cross di Piraccini. Rotto il ghiaccio, soltanto puntuale e comodo il terzo gol di Altobelli in otto giorni (a Como, a Pisa e San Siro). Quando si vince, tutte laudi son. Ma la Roma ha meritato di più per il carattere. Che fosse protagonista era scritto. Ora aspettiamo il seguito. Chiudo con la constatazione che anche il Torino - dopo il 4-1 alla Samp - si è forse illuso di smentire il difensivismo storico. Rozzi e Castagner non aspettavano di meglio. Buon Dio, quanti equivoci in una sola giornata.

"La Repubblica", 29 settembre 1987

La rondella d'oro

Tondino, rondella o monetina che sia: Alessandro Renica stramazza a terra al rientro negli spogliatoi a fine primo tempo, colpito al "cuoio capelluto" da un oggetto metallico "contundente" [vedi]. Sarà 2:0 a tavolino per il Napoli, protagonista di una brutta partita a Pisa, il 27 settembre 1987, 3ª di campionato. Saranno soprattutto polemiche roventi. In sala stampa, all'Arena Garibaldi, il presidente del Pisa, Romeo Anconetani, dà fuori di testa. Il servizio della "Domenica sportiva" documenta l'isterismo della giornata [vedi].

Alessandro Renica
Il referto stilato all'ospedale Santa Chiara di Pisa indica tre giorni di prognosi, a dimostrare l'impossibilità di Renica a riprendere la partita, dopo esser stato colpito alla fronte dalla rondella prontamente raccolta e consegnata all'arbitro Carlo Longhi da Andrea Carnevale. Il "general manager" del Napoli, Luciano Moggi, si dichiara sicuro: "E' un caso che ci sembra scontato, non possono esserci dubbi". Sui due punti a tavolino, si intende.

Ai cronisti che lo avvicinano sull'ambulanza che lo sta portando all'ospedale il difensore del Napoli tradisce un'excusatio non petita: "Fortunatamente è soltanto una ferita. Poteva finire anche peggio. Poteva anche colpirmi in un occhio. Comunque sappiate bene che non ho fatto scene". Ma ora niente Real per lei? "Io spero di farcela, anzi, voglio esserci". Fuori da Napoli sono convinti tutti che giocherà in Coppa campioni il mercoledì seguente. Molti sospettano una sceneggiata.

Il giorno dopo Renica è subito a Soccavo, ad allenarsi: "Avevo voglia di stare con i compagni", spiega, "non posso restare a casa. Conto di guarire, voglio esserci contro il Real Madrid". Alla vigilia dell'incontro di Coppa, Gianni Brera scrive da Napoli, dove è inviato: "Renica è tuttora tenuto a fare lazzi da morituro perché nessuno si permetta di invilire a commedia l'autentico dramma di Pisa: però giocherà senz'altro e proteggerà Garella dai guizzi opportunistici di Gomez". Sarà così, infatti: Renica giocherà per 90 minuti contro i campioni di Spagna, senza alcun problema. Arriveranno anche i due punti dal Giudice sportivo. A distanza di anni, l'arbitro Longhi avrebbe svelato: "Sono venuto a sapere che Renica nello spogliatoio aveva fatto sanguinare ulteriormente la sua ferita" [vedi].

Corrosivo il commento satirico di Massimo Bucchi: "Chi sta veramente in testa alla classifica? E' questo il titolo del nuovo concorso, a cui tutti possono partecipare. Dopo la partita, inviate ogni settimana alla Lega la vostra riserva scritta, con nome, cognome e indirizzo. Ne verrà estratta una la settimana, e potrete concorrere a dodici punti di premi. A maggio, con l'estrazione finale, potrete vincere una rondella d'oro e un ritratto a olio di Renica dipinto dal noto artista Anconetani" [vedi].

3ª giornata

27 settembre 1987, ore 15

Il Mancio in Riviera
Brutta partita - in tutti i sensi - all'Arena Garibaldi dove un'esagerata espulsione del pisano Paul Elliott da parte dell'arbitro Carlo Longhi scatena l'ambiente: all'uscita dal campo alla fine del primo tempo il difensore azzurro Alessandro Renica viene colpito da una rondella e non rientra nella ripresa; la partita prosegue nella consapevolezza partenopea di avere già in tasca la vittoria a tavolino, che non maschera comunque una prestazione opaca; il Pisa prevale su rigore inutilmente; rovente la sala stampa per le consuete intemperanze del presidente Romeo Anconetani. Gran bella partita , invece, al "Partenio", espugnato dalla Roma grazie ai colpi dei suoi campioni: Lupa seconda solitaria in classifica. A Torino si sblocca finalmente Ian Rush, che fa doppietta contro un Pescara impalpabile, che segna per la bandiera con una bellissima punizione di Junior alla prima da ex al Comunale. Partita a una porta sola a San Siro, dove l'Inter colpisce tre legni nella prima ora e poi risolve sull'Empoli con un'incornata di Aldo Serena e il sigillo di 'Spillo' Altobelli. Il "Luigi Ferraris" di Genova in ristrutturazione in vista dei Mondiali del 1990 ospita una vittoria della Samp sul Verona più faticosa di quanto dica il risultato finale: splendido il gol di Roberto Mancini. Un altro giovane Roberto, Baggio, continua a incantare: palo, assist, punizioni ... ma poi il portiere della Fiorentina Marco Landucci va a farfalle e il Como pareggia al Comunale di Firenze. Al "Dino Manuzzi" le occasioni le ha il Milan, ma finisce col sciuparle tutte e va in bianco. L'Ascoli infine regola agevolmente il Torino e mette punti in classifica.

Risultati

Ascoli - Torino 3:0 | (1:0) - Tabellino - HL
Avellino - Roma 2:3 | (2:1) - Tabellino - HL
Cesena - Milan 0:0 | (0:0) - Tabellino - HL
Fiorentina - Como 1:1 | (1:0) - Tabellino - HL
Inter - Empoli 2:0 | (0:0) - Tabellino - HL
Juventus - Pescara 3:1 | (1:0) - Tabellino - HL
Pisa - Napoli [1:0], poi 0:2 a tavolino | (0:0) - Tabellino - HL
Sampdoria - Verona 3:1 | (1:1) - Tabellino - HL

Classifica

6 Napoli
5 Roma
4 Juventus
4 Fiorentina
4 Sampdoria
4 Pescara
4 Inter
3 Ascoli
3 Verona
3 Milan
2 Torino
2 Avellino
1 Como
1 Cesena
0 Pisa
-3 Empoli  *
* 5 punti di penalizzazione

Marcatori

4 reti: Polster (Torino)
3 reti: Boniek (Roma), Scarafoni (Ascoli), Schachner (Avellino)
2 reti: Altobelli (Inter), Bagni (Napoli), Diaz (Fiorentina), Elkjaer-Larsen (Verona), Junior (Pescara), Mancini R. (Sampdoria), Rush (Juventus)

Prossimo turno (4 ottobre 1987, ore 15)

Avellino - Napoli | Como - Sampdoria | Empoli - Fiorentina | Milan - Ascoli | Pescara - Cesena | Roma - Pisa | Torino - Inter | Verona - Juventus

Quando la Juventus ha paura del Pescara

di Gianni Brera

Tra Principi Protettori e Napoleone a Waterloo. Tra la Ghisolfa e l'Himalaia. Tra Grosse Berthe e donne di servizio. Così El Gioânn introduce alla 3ª di campionato, rammentando "che la Nemesi non è un’invenzione di comodo: per i greci era dea minore; per noi, Eupalla è sua stretta congiunta: e fatalmente se ne ricorda". 

Succede alla III di campionato, che si celebra oggi: per la primissima volta nella sua storia, del resto giovane, il Pescara figura in testa nella gerarchia delle partite domenicali. Ha 4 punti - dopo 2 incontri - e visita la magna Juventus, che ne ha 2 soli. Lo scanzonato Galeone veleggia verso Torino promettendo spettacolo, che è forse il modo più subdolo di presentarsi e fare pretattica. "Se perdiamo" conclude filosoficamente "ci resteranno gli applausi". Bellissima consolazione sportiva: però falsotta. A ricevere i primi della classe, una squadra che per ora è soltanto ricca di carisma societario. Lo stesso Principe Protettore, parlando di finanza, ha escluso che l’acquisto di azioni della Juventus costituisca un buon affare. Non va allo stadio perché la Juventus non gli piace: ma chi è stato - ci si chiede - a metterla insieme? Marchesi preoccupa gli amici (quorum ego): esordisco a "Dovere di Cronaca", diretto da don Guillermo Zucconi, con una metafora per niente bislacca: che se tu dai a un grande stratega quale Napoleone un esercito di procaccia claudicanti, ogni giorno vuol essere Waterloo. Fino a dimostrazione contraria, insisto nella valutazione della Juventus fornita super chartam durante l’estate: Magrin sta a Platini come la Ghisolfa all’Himalaia. E il resto in proporzione, con qualche risatina all'indirizzo dei romanisti che contestano Manfredonia. I gobbofili più appassionati accusano Boniperti di voler sempre mettere fuori i satanassi con un minimo di carattere indipendente. Adesso che è quasi tutta di yesmen, la Juventus piace a lui solo. Comunque, non ha ancora sparato tutti i botti di cui dispone. Rush è la Grosse Berthe del Galles: vediamo di non lasciargli mancare i rifornimenti. Se non è caricato a dovere, un cannone non spara.

Le partite che seguono Juventus-Pescara (somma di punti 6) sono Avellino-Roma e Sampdoria-Verona (s.p. 5). L’Avellino ha rimediato a Verona un solenne scaldone: ma Vinicio pareva addirittura scandalizzato nel constatare che i veronesi erano un po' raffermi dopo Stettino: pensa te se fossero stati freschi! È il rilievo tecnico più interessante. Osvaldo Bagnoli si conferma di anno in anno una solida colonna della scuola lombarda e italiana. L’Avellino è pessimo cliente sul verde grasso del Partenio. La Roma dovrà sbattere per non affondare in quel verde (eufemismo) fino alla caviglia. Liedholm annuncia il rientro di Collovati e lascia capire che il ruvido pragmatismo di Desideri si fa preferire alle invenzioni piriche di Conti (ahimè, ahimè). Voeller, pur mo' spremuto in patria, dovrebbe andar oltre l’umano per goleare anche al Partenio. L’ineffabile Boskov si confessa dubbioso (ma sempre con la massima bonomia) fra il geniale nanismo di Salsano e la possa normotipica di Bonomi. Rientra Cerezo e si pone alle spalle di Vialli, i deludenti dioscuri di Pisa: là dove qualche benevolo amico ha visto una Italia del tutto immaginaria nel primo tempo, così da potersi consolare della gnàgnera sofferta nel secondo. Decisamente, il migliore degli azzurri è stato Gomes. Tornando ai nostri montoni, è sintomatica l’ammissione del bergorusso Vierchowod: "Debbo essere invecchiato: è la prima volta che un centravanti mi fa tripletta" e naturalmente alludeva al giovane Polster del Torino. Mi sembra che il tempo inclini al piovorno. Sento spirar maccaia, indice del tuo nume. Pacione e Larsen gli arieti di Bagnoli, che predilige il calcio all'italiana. Qualche pignolo pensa al confronto teutonico fra Briegel e Berthold. Bagnoli ripete con Berthold i criteri con cui rigenerò Briegel lungo l’out sinistro. La partita promette meraviglie. Nelle ricorrenti insanie della Samp, la giornata si annuncia positiva (secondo i grandi numeri): non può sempre andar male.

Gianfranco Matteoli
Un Napoli riluttante sul campo minato di Pisa: il Real sta per presentarsi al San Paolo: può darsi che Bianchi voglia rendersi conto dello status psicofisico di Careca e Carnevale. Giordano passa mano. Le digressioni in provincia, prima di incontri decisivi di Coppa Campioni, sono estremamente pericolose. Lo sa Anconetani, vecchio esperto di lizze pedatorie. All'altezza di Pisa-Napoli deve situarsi Inter-Empoli (s.p. 4), che l’anno scorso aprì il campionato con una delle sorprese più squillanti. L’Empoli ci ha rifatto giustiziando la Juventus, greve di ruggini e ciucca di sole. L’Inter a sua volta si è ripetuta con il Pescara. Il Trap annuncia il rientro di Serena, invocato da tutti, perfino dai compagni. Qualcuno gioca sugli equivoci ponendo strani aut aut fra Piraccini e Matteoli. Sembra sospetto che non si ricordi la maglia azzurra del piccolo centrocampista sardo. La fisionomia dell’incontro si può disegnare come usa il mio amico Ros Galimi con le clienti che gli affidano il naso (da rifare). La presenza di Serena dilata le probabilità di gioco aereo sotto misura. Indispensabile rompere il ghiaccio per adagiarsi su schemi più ragionati e validi: che se troppo si spreca, poi si paga.

La conferma di Inter-Pescara è venuta da Milan-Fiorentina, come è vero che è sempre più facile difendere che attaccare; e che la Nemesi non è un’invenzione di comodo: per i greci era dea minore; per noi, Eupalla è sua stretta congiunta: e fatalmente se ne ricorda. Bello come il Verona deve considerarsi il nuovissimo Torino, che Mario Gerbi ha fiduciosamente affidato a Luis Radice. Polster e Gritti si avventeranno alle coronarie già inquiete di Costantino Rozzi. Castagner baderà a evitare i danni maggiori. La saggia Fiorentina di San Siro si ripresenta ai suoi devoti in vesti differentissime. Dovrà far gioco affrontando il Como e correre i suoi rischi. Ha costruito con il Milan qualcosa come 4 palle-gol concedendone sette-otto. Nel costruire ha avuto spazi così comodi da riuscire scandalosi agli occhi degli onesti. Arrigo Sacchi ha raccolto le critiche con lo spirito d’una donna che fu per anni a servizio in casa mia: se le rimproveravi qualcosa, lei rispondeva: "Appunto", come a dire: d’accordo, così è: e pareva che i rimproveri li facesse lei. Arrigo Sacchi ha lasciato cianciare i titolisti fermi sul tridente o sul bidente (fuori Virdis, fuori Van Basten, Gullit avanti, Gullit a centrocampo). Tutte pregevoli musse. Con tre punte stabili non gioca più nessuno. Virdis andrà più forte quando il fango rallenterà gli altri. Van Basten si è trovato tre volte su una palla-gol e una l’ha costruita per Gullit. Il quale ha classe, genio e sregolatezza, ma nell'ossatura della squadra non deve né ha bisogno di entrare. La squadra si fa con centrocampisti e difensori. Se non avrà l’aiuto di Donadoni e Massaro, Ancelotti non reggerà; e ancor meno Baresi II, che rientra in linea (ahimè sì) con Filippetto Galli. Cesena-Milan è l’ultima partita in gerarchia (zero più 2): non credo che il Milan si sia trovato altre volte in simili peste: eppure, se Arrigo Sacchi non lo blocca su rigide equidistanze, può anche peggiorare. L’ipotesi è così sgradevole da indurmi a toccar ferro. Buona domenica.

"La Repubblica", 27 settembre 1987

La stagione internazionale: 23 settembre 1987

Hristo Stoichkov
Il 23 settembre tornano in campo le nazionali. In programma, alcuni incontri dei gironi di qualificazione agli europei tedeschi e qualche partita amichevole.

L'Italia è impegnata in un match di allenamento  contro la Jugoslavia, attendendo l'esito dello scontro decisivo tra Svezia e Portogallo, rivali (insieme a Svizzera e Malta) nel girone pre-europeo. Di fatto, i nordici guidano la classifica, hanno due punti e due partite in più degli Azzurri, che sono a punteggio pieno dopo quattro matches. A Solna, un gol rapinoso di Fernando Gomes solleva l'entusiasmo di comitiva e pubblico italiano, all'Arena Garibaldi di Pisa: qualificazione, ora, possibile se non addirittura probabile.

Si gioca anche a Varsavia, un incontro delicato per la Polonia, che spende contro l'Ungheria le ultime chances di andare in Germania. Il gruppo è, al momento, dominato dalla forte nazionale olandese. A Sofia, invece, è una sorta di spareggio tra Bulgaria e Belgio, che contendono il pass alla sorprendente rappresentativa irlandese, zeppa di esperti (e vincenti) pedatori del Liverpool, oltre che di altri grandi club della First Division inglese, e guidata dal pressoché leggendario Jack Charlton.

Fra le nazionali che sfruttano il mercoledì per un allenamento agonistico vi sono le due Germanie. Quella occidentale ospita al Volksparkstadion di Amburgo la Danimarca; quella orientale se la vede con i tunisini in Turingia, a Gera. Comodo, viceversa, l'impegno degli spagnoli, che hanno invitato il Lussemburgo per inaugurare il nuovo stadio di Castellón de la Plana, cinquanta chilometri a nord di Valencia. I sovietici, dal canto loro, in un Central Lenin Stadium semi-deserto, giochicchiano con la rappresentativa greca.

Fanno il loro esordio internazionale pedatori destinata a discreta fama. Il portiere Bodo Illgner (Colonia), il madrileno e madridista Rafael Martín Vázquez, uno della famosa 'Quinta', e soprattutto Hristo Stoichkov (foto), che milita ancora nel CSKA di Sofia.

Tabellini e riflessi filmati

Svezia - Portogallo 0:1
Tabellino | Highlights

Polonia - Ungheria 3:2
Tabellino | Highlights

Bulgaria - Belgio 2:0
Cineteca

Italia - Jugoslavia 1:0
Tabellino | Highlights

Germania Ovest - Danimarca 1:0
Tabellino | Highlights | 1° tempo (parte)

Germania Est - Tunisia 2:0
Tabellino 

Spagna - Lussemburgo 2:0
Tabellino 

URSS - Grecia 3:0
Tabellino | Highlights

Un giorno in pretura

Da "La Stampa", 22 settembre 1987, p. 25

Ai sette teppisti milanesi un mese e mezzo di carcere

Sentenza dura ed esemplare per i sette tifosi dell'Inter arrestati domenica pomeriggio al termine del derby lombardo Como-Inter. Una sentenza, quella pronunciata dal pretore di Como dottor Walter Vian, che dovrebbe far riflettere coloro che la domenica scambiano gli stadi e le vie delle città come una palestra dove dar vita ad una sorta di guerriglia urbana, come è accaduto a Como, città che ripetutamente ha dato prova di civiltà.

Il "Giuseppe Sinigaglia" di Como
I sette pseudo tifosi dell'Inter, processati ieri mattina per direttissima per possesso di tubi metallici, aste di bandiera, biglie di ferro grosse come uova, e adoperati come oggetti contundenti, sono stati condannati ad un mese e quindici giorni di arresto, pagamento di una multa di 400 mila lire e delle spese processuali. Tutti e sette, fra cui uno solo con precedenti penali, dovranno perciò rimanere in carcere. Il pretore di Como ha infatti negato sia gli arresti domiciliari come aveva chiesto il difensore d'ufficio, sia la libertà provvisoria come aveva prospettato il p.m. 

I sette condannati sono: [omissis], 19 anni; [omissis], 21 anni; [omissis], 21 anni; [omissis], 19 anni; [omissis], 23 anni; [omissis], 20 anni e [omissis], 21 anni, tutti residenti a Milano. Giovani che, interrogati dal pretore, hanno negato qualsiasi addebito, asserendo di essere stati aggrediti e provocati da tifosi del Como. Una versione del fatti che non ha trovato conferma nella ricostruzione degli agenti della squadra mobile ài Como che hanno effettuato gli arresti. «L'imputato ha il diritto di mentire, ma se è troppo grossa ha il sapore della presa in giro» ha osservato il giudice Vian. 

Lo stesso pretore ha condannato a dieci giorni di arresto e a 25 mila lire di multa, con la concessione del doppi benefici di legge, [omissis], 21 anni, di Alzate Brianza (Como), coinvolto nei gravissimi disordini. Il [omissis] è stato trovato in possesso di un coltello, che lo stesso ha ammesso di aver preso da un bar, per difendersi dagli assalti degli aggressori e dopo aver visto un amico sanguinante. 

I due minorenni del gruppo, [omissis], entrambi diciassettenni, di Milano, saranno giudicati dal tribunale del minori. Il Comune di Como, nella persona del sindaco, Sergio Simone, ha cercato di costituirsi parte civile per salvaguardare l'immagine della città. Richiesta che è stata respinta dal pretore. I guai per i sette condannati non sono finiti. Ora saranno chiamati a rispondere di lesioni aggravate, per i numerosi feriti che hanno dovuto far ricorso alle cure dei medici, e di danneggiamento.

Marco Marelli

Ma Sacchi non può andare contro la storia

di Gianni Brera

Gianni Brera vide dal vivo per la prima volta il Milan di Arrigo Sacchi nel pomeriggio del 20 settembre 1987 a San Siro. Ed ebbe conferma dei suoi convincimenti ...

Ho visto finalmente il Milan, retour de Gijon, in casa sua con la Fiorentina. Sul piano puramente teorico, contro l’evidenza dei fatti contingenti, mi ero "chiamato fuori" la settimana scorsa nei confronti di Galeone e di Sacchi: oggi me ne rallegro. Arrigo Sacchi è di quelli che riassumono il calcio con questo orgoglioso semplicismo: essere più di ogni cosa importante segnare un gol più degli avversari. Non avendo egli un pedigree molto apprezzabile come tecnico, si sarebbe subito tentati di compatirlo: però l’ha assunto Capitan Berlusconi, che raramente sbaglia, e per una volta sbaglierebbe se pensasse di potersi divertire solo in quanto a pagare è lui ... Seguo la patria pedata da oltre mezzo secolo e mi sono di anno in anno rafforzato nella convinzione che gli italiani si debbano imporre - sempre! - di prendere un gol meno degli avversari. Ammonivo anche il benigno lettore di non assumere questa mia posizione critica per un banale sofisma. In effetti, essa contempla atteggiamenti tattici fondamentali per la nostra indole. E se qualcuno si propone di superare il mio apparente sofisma, che in realtà è un assioma, quasi immancabilmente finisce male. Se poi uno s’illude di smentirlo a Milano provenendo dalla tentacolare Parma, delle due una: o è presuntuoso fino all'insania oppure è molto ingenuo chi lo prende sul serio. Io non conosco Arrigo Sacchi: noto che ha la faccia simpatica e che ragiona con logica avvincente per chiunque non lo sappia affetto dal peccato originale: quello di credere che tre titoli mondiali e uno olimpico siano stati regalati all'Italia dal buon Dio degli eserciti e non propiziati da un ferreo, convinto, indefettibile difensivismo. Ogni popolo si esprime secondo la propria indole. Noi abbiamo imparato dagli umili e appunto perciò superbi uruguagi, non dalle ex-cicale argentine, che hanno finito, alla lunga, per imparare da noi. Abbiamo vinto quando ci siamo sentiti umili a nostra volta; quando invece abbiamo pensato bastasse segnare un gol più dell’avversario, come le cicale olandesi, puntualmente abbiamo perso.

Roberto Baggio
Quella contro il Milan fu una
delle sue partite rivelazione al grande pubblico
Ma sì: ho visto finalmente il Milan di Sacchi e ho preso atto del suo forcing, in realtà più fiducioso che efficace. La squadra era costantemente stracciata in avanti, così da offrire spazi incredibili ai fiorentini. Costoro - saggiamente umili e coscienti di sé - hanno atteso le occasioni favorevoli e ne hanno sfruttato ben 2 su 4. All'avvio, il Milan ha avuto subito un regalo di palla-gol da Battistini: l’ha sprecato Van Basten in diagonale al 3’. Gullit ha poi liberato Van Basten all’8' e l’errore di tiro in diagonale è stato fottutamente ribadito. All’11’, Van Basten ha restituito il dono a Gullit, il cui notevole tiro-gol è stato sventato. E qui per non cadere in cronaca, riassumo: al 28' sbaglia il gol Donadoni (peraltro bravissimo in impostazione), ripetendo puntualmente i diagonali felli di Van Basten. Al 39' sbaglia l’entrata Hysen e Virdis si trova sul sinistro la più comoda palla-gol ma la spreca fuori. Al 41’30" Ancelotti libera Van Basten, che sbaglia (questa volta alta) la sua terza palla-gol: dico, la sesta faticosamente e spensieratamente costruita dal Milan con pericolosissimo spreco di energie. La difesa milanista, abbandonata a due centrali improvvisati e a due laterali di riserva (parmensi), consente a Carobbi la più limpida palla-gol al 30’: e per fortuna del Milan la cicca Diaz per uno di quei raptus che colgono i goleadori quando la conclusione gli sembra troppo agevole. Al 31’, annoto che "i viola tengono bene": e incomincio ad aspettarmi il peggio.

Alla ripresa torna sotto il Milan. Il caldo ha cotto Van Basten, che gigioneggia col tacco o lascia marcir palla prima di servire i compagni. Gullit dà saggi di virtuosismo notevole ma è solo (quando apre su Mussi la palla è persa). Landucci gli alza una punizione omicida al 3' e gli devia un tiruzzo-gol in corsa all’11’. Gullit insiste e cuoce: al 14’30" Virdis, che pure va a segatura, lo libera sulla destra: e Gullit ripete con il destro la maligna fotta commessa dallo stesso Virdis, nel primo tempo, con il sinistro. Al quarto d’ora, la Fiorentina si organizza. E conferma che è più agevole impedire che far gol. Il Milan boccheggia e la Fiorentina subisce fallo da rigore (Tassotti su Diaz) e segna tre gol, di cui uno erroneamente annullato a Diaz. Il giovane Baggio si fa vedere sempre meglio perché nessuno più è in grado di seguirlo (cito Ancelotti): un tiro-gol di Baggio viene parato a terra da Galli ma deviato su Diaz, che disinvolto lo infila. E' il 31’30". Non spero più nel Milan. Anzi, lo vedo ancora mortificato al 34' da Baggio, cui Diaz facilita le cose spostandosi a sinistra: si aprono i poveri asfittici terzini in linea di Sacchi: Baggio passa festante fra loro e non resta che Giovanni Galli a tentare la pezza: esce il portiere e porta il tackle col destro: Baggio tien duro e vince il rimpallo (non è un dribbling): resta beatamente solo: e infila il 2-0.

Esco ringhiando. Scopro che tutti i fratelli cacciaviti mi seguono ringhiando a lor volta. Nessuno parla dell'Antelami, preziosissimo scultore lombardo immortalatosi nel battistero di Parma. Rimugino saccheggi furibondi. Sento dell’Inter e mi placo. Ripenso alla nemesi. Anche il Milan è stato punito dopo aver tanto sprecato. Ma come non capire che insistendo su quei creduli schemi si andava a morte sicura? Decido di rispettare il Capitano e Fidel, che per il Milan riescono a soffrire. Ma che racconto ai 60 mila che hanno pagato l’abbonamento? E bastano le minacce dialettiche rivolte ai goffi provinciali che invocano Cruijff come il toccasana? Un po' di orgoglio, pecore, un po' di dignità!, o confermeremo al mondo di non sapere come e perché abbiamo vinto tre campionati mondiali e un titolo olimpico. Scusiamo intanto l’alterigia dei due immigrati olandesi con la becera adorazione esercitata da secoli in questo paese di ignoranti xenofili. Scusiamoli con il caldo, per vero insopportabile, e richiamiamoli alla necessità di attenersi, da uomini quali sono e non da semidei, agli schemi più saggi e utili della nostra scuola. Mister Sakki? Non è Gotamo, detto il Sakia Muni. E' un bravo giovane che dalle maone è passato ai transatlantici per la generosa natura di Capitan Berlusconi. Aiutiamolo, amici, a non perdere il Nord.

"La Repubblica", 22 settembre 1987

2ª giornata

20 settembre 1987, ore 16

Mezz'ora con due Maradona in campo, a Napoli. Esordio dell'attesissimo Rush nella Juve e nel campionato italiano: gioca per novanta minuti "toccando la palla tredici volte. Per la verità il tredicesimo tocco è stato un lungo palleggio, scomponibile in quattro diversi contatti con la palla, mentre le altre volte si è trattato di una botta e via: ma vuolsi, in questi calcoli, tener conto di una palla sola. Rush ha spedito tre volte la sfera verso la porta empolese: una di piede, due di testa, sempre fuori, niente di pericoloso. Ha fatto sette passaggi buoni, ne ha sbagliati tre. Non ha subito nessun fallo diciamo corporale, almeno di quelli sanciti dal fischio dell'arbitro, non ha commesso nessun fallo. E' stato beccato due volte in offside" (Gian Paolo Ormezzano, "La Stampa", 21 settembre). Insomma ha fatto pena, e non a caso la Juve perde a Empoli, sostanzialmente incanalando la stagione. Fa rumore la sconfitta interna del Milan con la Viola (due a zero e magia di Baggio, che i servizi RAI definiscono ora "erede di Antognoni"), ma il gioco dei rossoneri è salutato dai grandi applausi di San Siro. Da quanti anni però un austriaco (foto) non segnava tre gol in una partita di Serie A?

Risultati

Como - Inter 1:2
(0:0) | Tabellino | HL

Empoli - Juventus 1:0
(0:0) | Tabellino | HL

Milan - Fiorentina 0:2
(0:0) | Tabellino | HL

Napoli - Ascoli 2:1
(2:1) | Tabellino | HL

Pescara - Pisa 2:1
(1:1) | Tabellino | HL

Roma - Cesena 2:0
(0:0) | Tabellino | HL

Torino - Sampdoria 4:1
(2:0) | Tabellino | HL

Verona - Avellino 4:1
(0:0) | Tabellino | HL


Classifica

4 Pescara
4 Napoli
3 Verona
3 Roma
3 Fiorentina
2 Torino
2 Milan
2 Juventus
2 Sampdoria
2 Inter
2 Avellino
1 Ascoli
0 Como
0 Pisa
0 Cesena
-3 Empoli *

* 5 punti di penalizzazione


Marcatori

4 reti: Polster (Torino)
2 reti: Bagni (Napoli),  Boniek (Roma),  Scarafoni (Ascoli),  Schachner (Avellino)
1 rete: Albiero (Como),  Altobelli (Inter),  Baggio (Fiorentina),  Bertoni (Avellino),  Bonetti (Verona),  Cecconi (Pisa),  Cerezo (Sampdoria),  Diaz (Fiorentina),  Donadoni (Milan),  Dunga (Pisa),  Ekstroem (Empoli),  Elkjaer-Larsen (Verona),  Galia (Verona),  Galvani (Pescara),  Gasperini (Pescara),  Giordano (Napoli),  Gullit (Milan),  Junior (Pescara),  Magrin (Juventus),  Mancini R. (Sampdoria),  Pacione (Verona),  Passarella (Inter),  Rossi E. (Torino),  Sliskovic (Pescara),  Van Basten (Milan),  Vialli (Sampdoria),  Voeller (Roma)


Prossimo turno (27 settembre 1987, ore 15)
Ascoli - Torino | Avellino - Roma | Cesena - Milan | Fiorentina - Como | Inter - Empoli | Juventus - Pescara | Pisa - Napoli | Sampdoria - Verona

Milan, fatti bello ...

di Gianni Brera

Torrida estate anche sulla seconda di campionato. Allarmanti minacce alla condizione, già compromessa, di alcune squadre partite a ritmo fin troppo alto. Coppe continentali nei garretti di ben sei sedicesimi del torneo (con possibile e indebita esagerazione per la Juventus, che a Malta non ha sofferto più del viaggio). Una classica di spicco in calendario: Milan-Fiorentina. Somma-punti eguale a 3 per le protagoniste di San Siro, per Napoli-Ascoli e Verona-Avellino. Il libro d’oro esige che Milan-Fiorentina abbia la precedenza, sebbene sia grande la tentazione di incominciare dalla somma-punti zero di Como-Inter.

Maurizio Mosca premia Pietro Paolo Virdis,
capocannoniere della Serie A per l'anno 1986-87,
insieme con il vice presidente dell'AC Milan Paolo Berlusconi
Il Milan torna grottescamente mortificato da Gijon, dove la gente gli ha riservato l’accoglienza che per anni la Juventus ha trovato nella grande Napoli. Alcuni pretoriani di Berlusconi l’hanno scampata bella, costringendo il capitano a condividerne la mortificazione e la rabbia. Ai pretoriani, amico Fidel Confalonieri, bisognerebbe insegnare un po' di storia, così che evitino di imbullire in Paesi dove ancor oggi la storia ci è matrigna. Cuando un nino italiano nasce, le ponen un dedo en el culo: si llora es tenor, si no llora es maricon. Quando nasce un bambino italiano, gli mettono un dito nel didietro (el trasero): se piange è un tenore, se non piange è nu ricchione. Ora sanno tutti che siamo in larga prevalenza tenori, ma certi luoghi comuni sono duri a morire. Quando gli spagnoli ci hanno beato di loro la prima volta, erano quasi tutti mori, e non badavano all'est né all'ovest: inoltre, noi prodi italioti difendevamo stoicamente l’onore della famiglia sacrificandoci al posto delle femmine care. Quella simbologia è rimasta anche nel calcio, ma non vale ripeterne i temi per l’occasione. Hablamos futbol e deploriamo il comportamento del Milan contro l’ultima del campionato spagnolo. La difesa era larga e mal protetta, l’attacco era fino ed elusivo. Oggi a San Siro rivedremo Massinissa Virdis, che ha avuto il buon senso di non drammatizzare sulla propria panchina. Arrigo Sacchi non rispetta le cifre passate; probabilmente pensava al ritmo. Ma torna Virdis e non sembra sia accaduto nulla. In difesa mancano due ghelfi della statura di Baresi II e Maldini. Il centrocampo non ha ancora quagliato schemi validi. Gullit flotta indeciso fra punte e centrocampo. La Fiorentina ha strappato il pareggio con il Verona (eufemismo) e Sven Goran Eriksson canta poemi sui meriti acquisiti: il primo dei quali sarebbe il ritorno dei Pontello alla tribuna d’onore. Infinite le vie del Signore e dell’adulazione.

Dice che Totò Ghirelli (scriptor optimus) abbia dato un esempio lampante di "filosofia napoletana" commentando in TV gli stranguglioni del suo Napoli al Bernabeu. Il merito di quel monotono aire tecnico-tattico non era del Real Madrid, superiore fino alla mortificazione; era invece lampante la colpa del Napoli, che non osava attaccare. Per trentanni ho avuto questi avversari in lizza pedatoria. La sintesi logica era questa: quel povero fesso di Cadorna languiva da anni sul Carso per non aver voluto marciare subito su Vienna. Sentito Ghirelli, adesso i napoletani sanno con chi pigliarsela: con quel maledetto polentone di Ottavio Bianchi, il quale non ha osato imporre il proprio gioco, e con gli scorrettissimi madridisti, che davano del merdoso all'arbitro (pensate) e ricambiavano con delittuose gomitate gli innocenti calci degli avversari. Agli amici napoletani parliamo chiaro: fra la loro squadra e il Real Madrid dell’altra sera correvano quattro pacifici gol di scarto; sono stati due soli perché Garella ha fatto stravedere. Le altre sono musse di circostanza. L’abitudine di portare sui sentimenti i discorsi di calcio è vecchia di oltre mezzo secolo. E naturalmente nuoce a chi la esercita come a chi la prende per buona. Il calcio è un’altra cosa. L’Ascoli ha rischiato di esordire battendo la Roma e potrebbe dar fastidi a un Napoli provato dalla Coppa dei Campioni. Infatti il pronostico è così ovvio da preoccupare. Lecita curiosità per l’impiego dei due Maradona in campi avversi. Perplessità per la scarsa impazienza ludica di Careca. Il medico vuole e lui no o viceversa?

Per rispettare la gerarchia della somma-punti, parlare subito di Verona-Avellino. Dalla Polonia di Coppa Uefa, complicazioni traumatiche per Bagnoli. La perdita secca è Iachini; malconci anche Larsen e Bruni. Avellino temibile come sempre. Preoccupazioni per i dissidi sindacal-economici fra i giocatori e Chiampan, loro avveduto amministratore. La Juve ha deciso l’impiego di Ian Rush a Empoli. Il gallese è di buon sangue e impaziente di giocare. Diffusa convinzione che Rush dia un senso a tutto il gioco juventino. Le prodezze di Mauro contro i fantasmi maltesi hanno indotto qualcuno a sostenere la sua candidatura per l’azzurro. Empoli è campo difficile, non proibitivo. Madama potrebbe passare in gloria. Un incontro che non rientra fra i classici per esclusiva colpa dei liguri è Torino-Samp. E speriamo assai che questo elogio non venga equivocato: la Samp ha avuto spesso i mezzi per vincere lo scudetto e non li ha saputi sfruttare a modo. Ecco perché l’incontro di oggi non è classico. Ma promette cose bellissime, con qualche legittima perplessità sul pieno impiego di Vialli e Mancini, impegnati mercoledì in nazionale. Siamo a Pescara-Pisa, anticipi d’una lotta che l’apparizione dei pescaresi a San Siro non dovrebbe far dimenticare. Galeone è simpatico e sa abburattare il paradosso come una duttile matassa di zucchero filato. Ha promesso di riserbare a tutte le altre grandi il trattamento già prodigato all'Inter. Ha fatto bene benissimo. Però è atteso contro pari-grado, quando tocchi a lui di procurarsi spazi - rischiando - innanzi alla porta avversaria. Qui è Rodi, qui salta.

La Roma sta cercandosi. Ad Ascoli ha prodotto più seri danni sul piano disciplinare, non tecnico-tattico. Voeller è giunto a invidiare un cannoniere sovietico visto in TV: dice di aver gran voglia di rompere il ghiaccio e si capisce: oggi potrebbe ispirarlo Conti al suo rientro. Senza sbruffare, Bigon presenta, col Cesena il suo prudente modulo italiano. La carta lo vuole battuto: il campo ci dirà. Viene consumato a Como il primo derby lombardo: e non vi sarà Zenga tra i pali, per avere applaudito all'arbitro che l’aveva appena ammonito. Zenga poi ha parlato di equivoco. La CAF non gli ha creduto. Impari a stare cheto, per favore: o torneremo a dirci perplessi circa la riuscita d’un portiere fin troppo intelligente. Anche perché, Deltaplano caro, l’intelligenza non accompagnata dal buon senso deve considerarsi un’aggravante come l’ubriachezza nei fatti di sangue. Dice che l’Inter in Turchia ha fatto sincera pena, come se avesse incantato a Milano con il Pescara. Secondo Mac Cipolla, analista principe, il Trap ha mal graduato la preparazione. A Como esordisce Borghi, colà distaccato dal Milan. Giocassi al Toto, punterei sul pari, ma forse a farmelo dire è il sentimento. Buona domenica a tutti.

"La Repubblica", 20 settembre 1987

Coppe europee - primo turno (andata)

Luci nel Bernabéu deserto
Con poche eccezioni, le partite di andata del primo turno di coppa (sedicesimi di finale per il torneo dei campioni e dei vincitori di coppa nazionale; trentaduesimi per la Coppa Uefa) si giocarono mercoledì 16 settembre. La copertura televisiva delle italiane fu completa. Su Rai 1, in prima serata e in sequenza, andarono in onda le dirette dalla Spagna di Sporting Gijon-Milan e di Real Madrid-Napoli (giocata a porte chiuse). Ma già nel primo pomeriggio erano state offerte le partite di Juventus e Inter (Rai 2), Verona e Atalanta (Rai 3).

Questi gli incontri più interessanti (per la Coppa Uefa, sono segnalati per ora solo i tabellini e - se disponibili - i filmati dei club italiani):

Coppa dei campioni

Steaua- MTK

PSV-Galatasaray

Malmo-Anderlecht

Bayern-CSKA

Bordeaux-Dinamo Berlino

Dinamo Kiev-Rangers

Real Madrid-Napoli

Coppa delle coppe

Ajax-Dundalk
Real Sociedad-Slask
Tabellino | HL

Sporting Lisbona-Wacker
Tabellino | HL

Merthyr Tydfil-Atalanta
Cineteca

Coppa Uefa

Besiktas-Inter
Valletta-Juventus

Sporting Gijon-Milan

Pogon-Verona 

La stagione europea

La stagione 1987-88 prevede, come da tradizione consolidata, tre importanti competizioni europee per club - più la declassatissima Mitropa. La prestigiosa Coppa dei campioni, riservata alle squadre che hanno vinto il titolo nazionale; la Coppa delle coppe, cui si iscrivono i club che hanno alzato la 'coppa' nazionale; la Coppa Uefa, erede della Coppa delle Fiere, delle tre forse la più difficile per via della qualità degli XI partecipanti, ovvero le squadre meglio piazzate nei tornei nazionali.

Il Futebol Clube do Porto posa con la coppa
(Vienna, 27 maggio 1987)
Per la terza stagione consecutiva, al via mancano le inglesi, che avevano a lungo dominato la scena negli anni a cavallo fra i 1970s e i 1980s - epoca caratterizzata dal ciclo del Liverpool, arricchita dai trionfi di Aston Villa e Nottingham Forest. Detiene la Coppa dei campioni il Porto, vincitore a sorpresa sul Bayern nella finale del 27 maggio; la Coppa delle coppe è invece nella bacheca dell'Ajax, che, rispettando i pronostici, aveva superato (pur di misura) la Lokomotiv di Lipsia il 13 maggio; la terza Coppa, invece, faceva bella mostra di sé nel palmarès dell'IFK di Göteborg, che aveva bissato, superando il Dundee FC nel doppio confronto, il trionfo del 1982.

Sono anni, specie grazie all'assenza dei club albionici, di grande equilibrio, nei quali non emergono squadroni dominanti. Anche il Real della cosiddetta 'Quinta del Buitre' resterà solo un progetto di grande squadra, riuscendo sì a vincere un paio di coppe 'minori' (nel 1985 e nel 1986) ma senza mai emergere nella competizione principale. Nella primavera del 1987, la semifinale vide i Blancos duramente bastonati dal Bayern. Nel match di ritorno, al Bernabéu, il Real non riuscì in una delle sue classiche rimonte, e anzi vide il proprio campo squalificato perché dagli spalti inferociti volarono in campo pietre e sbarre di ferro. Pagina nerissima nella storia del club madridista.


Le italiane vanno discretamente, sfruttando l'inerzia del mundial di Spagna e il progressivo innesto di stranieri di grande qualità. Spicca, naturalmente, la Juventus zeppa di campioni del mondo e clamorosamente rafforzata dall'arrivo di Platini e Bonjek, che vince la Coppa delle coppe nel 1984, ma che in coppa dei campioni era stata l'anno precedente clamorosamente sconfitta in finale dall'Amburgo. La vittoria di Bruxelles del 1985 rimane negli annali, ma si consumò nell'ambito di una tragedia che la rese del tutto secondaria. La Roma, guidata da Liedholm e abbellita dalla classe di Conti e Falcao, ispirò ad Antonello Venditti formidabili hit, ma non sfruttò la sua grande occasione all'Olimpico nel 1984, dove perse ai rigori una finale storica coi Reds. Negli anni successivi, raggiunse i quarti di Coppa delle coppe (fuori col Bayern, primavera 1985), ma ne uscì al primo turno (autunno 1986) per mano del Real Saragoza. In Coppa Uefa era uscita ai quarti, contro il Benfica, nella stagione dello scudetto (1982-83).
Dal canto suo, l'Inter si trovava spesso a incrociare la strada del Real nelle sue avventure europee di quei tempi: in Coppa delle coppe nel 1983 (fuori ai quarti), in Coppa Uefa nel 1985 e nel 1986 (due eliminazioni in semifinale); nel 1987, invece, uscì col Göteborg ai quarti, ma certo più deludente fu la prestazione del 1984, quando perse un doppio confronto con l'Austria Vienna all'altezza degli ottavi di finale.

Il Milan vive anni difficili, e la sua inerzia europea cambierà solo (e non immediatamente) con l'arrivo di Berlusconi. Tra cadute e risalite (dalla Serie A alla B e viceversa) trova modo di qualificarsi una sola volta per la Coppa Uefa: è la stagione 1985-86 e una sconfitta interna coi belgi del Waregem gli sbarra l'accesso ai quarti.
Ugualmente breve fu il cammino di altri nostri club in quel periodo, mai andati oltre il secondo/terzo turno: Verona, Fiorentina, Torino (il Toro, tuttavia, arrivò ai quarti di Coppa Uefa nel 1987), Sampdoria.

Ora, ai nastri di partenza della nuova stagione europea, l'Italia si presenta con sei squadre:
- Napoli (Coppa dei campioni)
- Atalanta (Coppa delle coppe; i bergamaschi vi accedono perché finalisti della Coppa Italia, vinta dal Napoli)
- Juventus, Inter, Verona, Milan in Coppa Uefa.

Il sorteggio che definiva gli accoppiamenti del primo turno (16 e 30 settembre 1987) si svolse a Ginevra il 9 luglio. Al Napoli - che non era testa di serie - venne abbinato il Real Madrid. L'Atalanta trovò i gallesi del Merthyr Tydfil. L'Inter trovò il Besiktas, al Milan fu accoppiato allo Sporting di Gijon, il Verona al Pogon di Stettino (Polonia) e la Juventus ai maltesi della Valletta. Indubbiamente, Real Madrid-Napoli, se non era una finale anticipata, molto le assomigliava.

Azeglio Vicini
La nazionale azzurra, guidata da Azeglio Vicini dopo la deludente difesa del titolo mondiale a México 86, è impegnata nel girone di qualificazione all'europeo che si svolgerà in Germania a fine stagione. Ha Svezia e Portogallo come principali avversari. Vanta una buona classifica, che sconta comunque una sconfitta subita al Råsunda in giugno. Ha tuttavia già vinto in Portogallo e ora, entro la fine dell'anno, avrà il vantaggio del fattore campo negli incontri decisivi.

Negli altri gironi, molto malmessa appare la Francia, abbandonata (come la Juve, del resto) da Platini e reduce da alcune pesanti sconfitte. Vanno bene Inghilterra e Olanda, corre pochi rischi la Spagna; una bella lotteria dirà chi, tra Danimarca, Galles e Cecoslovacchia, andrà in Germania; e anche tra Irlanda, Scozia, Belgio e Bulgaria si gioca un girone assai equilibrato.