Qualcosa di travolgente

di Gianni Brera

Dopo la sesta giornata, il Maestro si arrende al suo gozzaniano mistero senza fine bello: appena quattro giorni prima, nel mercoledì di coppe, le squadre italiane erano apparse inadeguate e in disarmo di fronte alle rivali europee; la domenica, invece, la Serie A accoglie i suoi smarriti amanti ...

Il calcio come grazioso nepente da fastidi ubbie disappunti scocciature. Che altro possiamo chiedergli? Il furore nel quale ci aveva precipitati il mercoledì nero di Coppe sembra miracolosamente svanito. Non è la prima volta che il campionato ci si offre come un porto accogliente e salvatore. Purtroppo non sarà neppure l’ultima. Il calcio sfugge a qualsiasi analisi preventiva: torna logico solo "a posteriori". Mercoledì scorso, Milano era una pedatoria gehenna in cui buttare tutti i vergognosi rifiuti delle sue beneamate. E Napoli era la patria d’uno spauracchio da esorcizzare subito perché non avesse a morire anzitempo il campionato. Alla sola Verona si poteva guardare con fondata stima, dopo la volitiva sortita di Utrecht. Sulla Juventus, modici dubbi: a differenza delle rivali milanesi, si era pur battuta ad Atene.

Ancora: la polemica infuria sullo sbadato Milan di Sacchi, colpevole (?) di truccare le proprie idee tecnico-tattiche. Qualcuno le contesta apertamente: massimo di durata, i giorni del panettone (o non dice Lèvy Strauss che in realtà il Natale è la temuta festa dei morti?). Il Sacchi ricorre a una gherminella di grande sapore cortigiano: invoca il Signore perché il suo carisma si trasmetta ai reprobi. Il Signore arriva in elicottero, novello Lohengrin della pedata, e da lui solo si apprende che Filippetto Galli è stato escluso a Lecce perché lo inquietava moltissimo la nascita, imminente, dell’erede. E' l’unica ragione addotta e attendibile di una prestazione che può ingenerare sospetti sgradevoli: per esempio che la squadra abbia dato ostracismo al tecnico. Filippetto rientra a Verona, sta fuori Van Basten: si aggiusta la difesa e con quella il centrocampo. Il più serio e arguto dei tecnici italianisti, Schopenhauer Bagnoli, manca di Jachini e sacrifica Volpati sul più scatenato Gullit della stagione. Il moro pettinato a spaghetti appare bello e fremente in ogni azione. Filippetto Galli si fa sentire da Larsen, che non segna. Aveva pur detto Bagnoli che Sacchi trucca il difensivismo. Il solido e quadrato Verona viene disfatto con il modico distacco di un gol lucrato da Virdis (angolo, stacco, schiacciata imprendibile). Il migliore dei veronesi risulta Giuliani, il bravissimo portiere, che sventa tiri-gol a Colombo e Gullit. Schopenhauer Bagnoli si esprime alla fine con la misura del saggio. Sacchi riesce a contenere il proprio entusiasmo perché non abbia a trasformarsi in arroganza: dobbiamo far molto ancora. E sfido! Il cammino percorso fin qui è solo pari a un quinto del campionato. Senza pretenderla a disinvolti, si può dire che Sacchi si deve essere convinto a Verona come e quanto sia più conveniente prendere un gol meno dell’avversario.

Mentre si esprimono alte meraviglie per l’inatteso gesto del Milan, che assurge di bel nuovo al grado di concorrente più degno - in potenza - del Napoli, ecco il fescennino perpetrato all'Olimpico. La Roma si conferma velleitaria la sua parte. Il Napoli si porta Maradona su una spalla, come accade ai genietti maligni, eppure non è la Roma a primeggiare dal via al 45’, bensì la squadra campione. E quando segna Pruzzo su angolo, e viene espulso Careca per una brasilianata gratuita, il gioco sembra fatto. Ma il Napoli decide di irridere a tutti facendosi ridurre a 9 (espulso anche Renica) e con quelli soli (meno Maradona) perviene gloriosamente al pareggio! Nota ironicamente Ferlaino, capace di contentarsi: "Abbiamo rimandato la morte del campionato". Ma quali riconoscenze per la sbadata e inconcludente Roma?

Ian Rush e Fabio Calcaterra
Classicissima a San Siro con premessa irriverente: due damazze che si presentano con le scarpe slabbrate e le dentiere malferme: pretendere di farne un discorso calcistico sarebbe come parlare di polenta e merluzzo in latino dotto. E invece Inter e Juve giocano a calcio; si picchiano se non altro con arcigna applicazione. L’Inter attacca subito con slanci un tantino velleitari. Un assedio a Tacconi si risolve con tiro di Passarella respinto da Bruno (8’). Neppure 30" dopo, passa l’Inter: il cross di Altobelli da sinistra trova alla destra Serena misteriosamente libero di staccare e schiacciare di capa per la completa uccellatura di Tacconi. Si infortunano Mandorlini e Mauro. Marchesi azzecca la sua sostituzione con Alessio. Mandorlini rimane con il gomito lussato e sta in centrocampo su Magrin o De Agostini. Il fenomenale Ian Rush viene tenuto benissimo da Calcaterra, riserva jolly della difesa. Il gettito del vivaio in materia di difensori è straordinario. Mancano all'Inter Bergomi e Ferri, due nazionali. Poi si farà male anche Nobile ed entrerà Rivolta: anch'egli andrà bene come Calcaterra. Il terzino destro dell’Inter su Laudrup è Baresi I, che non sempre lo segue. Laudrup rifinisce invano di testa per Rush, che Passarella anticipa. Brio incorna sul palo più vicino dopo un angolo. La Juventus è ammirevole per impegno e anche per sagacia tecnico-tattica dal momento dello 0-1. Penso che non debba perdere. Sempre Mandorlini su De Agostini o su chi capita. Più autoritari i centrocampisti juventini. Troppo spesso i lungagnoni interisti di punta balbettano pedata. Finale di tempo quasi osceno.

Rientro della Juventus assatanata. Laudrup da 25 metri spara sulla traversa: tutti convinti della deviazione di Zenga, al quale ormai si riconoscono virtù taumaturgiche. Non c’entra con il tiro di Laudrup. Sèguito a pensare che la Juventus non debba perdere perché in effetti gioca meno peggio dell’Inter. Al 51' Laudrup manda in gol De Agostini, smarcato sulla destra. Il controllo è perentorio come l’esterno sinistro con cui viene uccellato Zenga. Al 59' si accentra Alessio dall'ala destra e serve a rientrare una splendida palla-gol a Rush: il connazionale di Tristano spara il destro e lo cicca nel più avvilente e incredibile dei modi. Vien da pensare a Blisset, all'inguaribile e provinciale inferiority complex degli italiani nei confronti dei britannici. La tentazione di scagliarmi contro Rush è notevole: poi mi ricordo di un Altafini sfottuto e detestato da Viani e Rizzoli, che avrebbero voluto farlo fuori: Rocco lo consolò e ne ottenne quanto bastava per vincere lo scudetto (62’). L'Altafini detestato da Viani e Rizzoli valeva questo Rush. Rocco lo consolava: "Piangi, Giòse, piangi!", ma poi gli chiedeva anche i gol: e Conileon ne segnò quanti bastavano. La nemesi adocchiò lo sproposito di Rush a S. Siro e condannò la Juventus. Avrebbe vinto segnando il 2-1. Dello stesso punteggio ha perso invece per un altro incredibile stacco di Serena. Il movente d’uno sgambetto di Brio a Fanna mi torna tuttora ignoto. Uno spirito sadopuerile alla Bagni? Lo stesso Fanna batte la punizione-cross: e Serena è ancora solo e vergine di gomitate al momento dello stacco. "Te voluret vedè che vìnciom?", traduce dal messinese Mimmone Ferraro. Vuoi vedere che vinciamo? Solo la nemesi è morale; il calcio no. E io insisto che a me non è dispiaciuta la Juventus: dal Meazza sono sfollato dolendomi che stesse perdendo. Le ha detto no anche Zenga nel finale.

Adesso parlano tutti di Rinascita Milanese. Mercoledì con la testa nel tombino fetido; domenica con la testa tra le stelle, dove - ahimè ahimè - non mancano le nuvole. Ora siamo tutti in fila dietro al Napoli, che sembra avere una marcia in più. Milanesi, la Roma, la Sampdoria, solito genio e sregolatezza (molte palle-gol le lascia invano il Pescara). Rimangono indietro i magnifici fiorentini, che la estrosa generosità di Gritti ha messo sotto due volte per il piede non irresistibile ma puntuale del "tognino" Polster: pare questo il destino dei veri milanesi. Sui due "assist" di Gritti avrei segnato anch'io.

"La Repubblica", 27 ottobre 1987

6ª giornata

25 ottobre 1987, ore 14:30

Anton Polster e Roberto Baggio
La partita di vertice è all'Olimpico di Roma, dove va in scena il classico dell'Italia calcistica centro meridionale: i giallorossi non riescono però a fare il salto di qualità decisivo contro i campioni in carica e rimangono indietro di tre punti, nonostante gli azzurri giochino in nove l'ultima mezzora per le espulsioni di Careca (che bulleggia) e Renica (per fallo "da ultimo uomo" si sarebbe detto nel Duemila); bel primo tempo del Napoli, poi Pruzzo e Francini incornano entrambi nella ripresa. Il Milan, uscito malconcio dal mercoledì europeo, risponde ai suoi critici con la sua prima prestazione maiuscola della stagione, e della gestione di Arrigo Sacchi, al "Bentegodi", dove il Verona soffre il pressing, il ritmo e l'assetto a zona dei rossoneri; Giuliani fa i miracoli in porta ma nulla può su una perentoria inzuccata di Virdis. Giornata di grandi colpi di testa: con due belle elevazioni potenti è Aldo Serena ad affondare la Juventus a San Siro nell'ennesimo derby d'Italia: i nerazzurri sfruttano bene le loro occasioni, mentre i bianconeri non sfruttano le assenze pesanti di Bergomi e Ferri nella difesa interista (ma bene si battono i giovani debuttanti Fabio Calcaterra e Alberto Rivolta). La Sampdoria, invece, non riesce ad approfittare della trasferta a Pescara per scalare la classifica: i pali e una giornata non felice dei suoi dioscuri d'attacco consentono, viceversa, a Galeone di strappare un pareggio casalingo che, dopo la mareggiata napoletana del turno precedente, appare un punto guadagnato. Arretra invece la Fiorentina che esce battuta dal Comunale di Torino, grazie a una doppietta del nuovo capocannoniere, Anton Polster, che sfrutta due assist perfetti del suo partner d'attacco Tullio Gritti. Nella parte bassa della classifica fa un passo avanti il Como guidato da Aldo Agroppi alla sua prima, rotonda, vittoria stagionale contro una diretta concorrente per la retrocessione, l'Ascoli. Anche il Pisa coglie la sua prima vittoria, fuori casa, nel derby toscano contro l'Empoli, sfruttando un calcio d'angolo: e poco più. Brutta partita, infine, al Partenio, dove il Cesena stava per fare bottino pieno se Fabrizio Di Mauro non avesse ciabattato un pareggio a 6' dal termine: la mano di Eugenio Bersellini, subentrato durante la pausa di calcio internazionale a Luis Vinicio sulla panca dei Lupi, ancora non si è vista.

Risultati

Avellino - Cesena 1:1 | (0:1) - Tabellino - HL
Como - Ascoli 3:1 | (3:0) - Tabellino - HL
Empoli - Pisa 0:1 | (0:0) - Tabellino - HL
Inter - Juventus 2:1 | (1:0) - Tabellino - HL
Pescara - Sampdoria 0:0 | (0:0) - Tabellino - HL
Roma - Napoli 1:1 | (0:0) - Tabellino - HL
Torino - Fiorentina 2:1 | (1:0) - Tabellino - HL
Verona - Milan 0:1 | (0:1) - Tabellino - HL

Classifica

11 Napoli
8 Roma
8 Milan
8 Inter
8 Sampdoria
7 Fiorentina
7 Pescara
6 Verona
6 Juventus
6 Torino
5 Ascoli
4 Como
3 Cesena
3 Avellino
3 Pisa
-2 Empoli  *
* 5 punti di penalizzazione

Marcatori

6 reti: Polster (Torino)
5 reti: Elkjaer-Larsen (Verona),  Scarafoni (Ascoli)
4 reti: Boniek (Roma),  Schachner (Avellino)
3 reti: Bagni (Napoli),  Serena (Inter)
2 reti: Altobelli (Inter),  Baggio (Fiorentina),  Diaz (Fiorentina),  Giordano (Napoli),  Gullit (Milan),  Junior (Pescara),  Mancini R. (Sampdoria),  Rush (Juventus),  Vialli (Sampdoria),  Virdis (Milan)

Prossimo turno (1° novembre 1987, ore 14:30)

Ascoli - Verona | Fiorentina - Pescara | Juventus - Avellino | Milan - Torino | Napoli - Empoli | Pisa - Inter | Roma - Como | Sampdoria - Cesena

Il ragionier Ipsedixit

Nel turno europeo di coppa precedente la 6ª di campionato, il Milan perse clamorosamente a Lecce (campo neutro) contro l’Español [vedi]. Gianni Brera non perse l’occasione per manifestare i suoi dubbi sulla sicumera (ai suoi occhi) di Arrigo Sacchi. Silvio Berlusconi, alla vigilia di Verona-Milan, scese per l’ennesima volta dal cielo per difendere con fiducia la bontà della sua scelta …

Così Brera su "La Repubblica" del 23 ottobre 1987 [vedi]: “Un esame di coscienza appena plausibile impone di ammettere che la colpa è di noi tutti, non tanto per avere perpetrato, bensì per avere concesso. Vero infatti che il sospetto fu immediatissimo, per l'inopinata promozione d’un comandante di semplice maona alla guida d’un sontuoso transatlantico, ma anche più vero che contribuì ad ingannarci il carisma di capitan Berlusconi, nel quale si pregia di riconoscersi ogni lombardo bennato. Lui quasi sempre ci azzecca, e ammette per giunta che delle sue 5 attività 5, quella che rappresenta la punta emergente dell’iceberg è proprio il Milan, che è di gran lunga la minore. Spende miliardi a decine il capitano e alla mia amichevole preoccupazione se la ride: entrano tanti miliardi, per la sola pubblicità televisiva, che armare il Milan per le più seducenti crociere è una bazzecola. Contento te, capitan, contenti tutti. E vada per questo Arrigo di dantesco rimpianto. Ha nome brianzolo, Sacchi, ma la faccia è del visionario con occhi incantati e ribollenti muscoli mandibolari. Proclama che gli allenatori del 2000, in Italia, sono tre: ipse Arrigus, il sensazionale Maifredi dell’Ospitaletto, oggi al Bologna, e il tedesco boemo Zeman, nipote pallavolista di Vicpalek. Gli altri, futile zavorra: "Io non so di loro e loro non sanno brisa di me". Al vecchio giornalista, non solo studioso di calcio, ma con qualche certezza in materia di psicologia razziale e di moduli pedatòri, un messaggio mortificante: "Dì al tuo amico che noi non faremo mai gli uruguagi". Così pianta la sua casa sulle nuvole. Importa segnare un gol più degli avversari, secondo lui, non prenderne uno di meno. Pare un sofisma, e invece esprime atteggiamenti sicuri di fronte al modulo tattico. Il Milan sarebbe tale, in potenza, da far sporgere come un alto pinnacolo la punta dell’iceberg berlusconiano: ma senza fondamenta non può consistere casa. Gente come Baresi chiede di andarsene; altri non dicono ma soprattutto non fanno nulla. I tifosi invocano Capello, probo italianista. Lui, il ragionier Ipsedixit, rileva alla vigilia mollezza e distacco in tutti i suoi, come se li allenasse un altro, un procaccia o un geometra, non un ragioniere. Così l’amara Waterloo rivive a Lecce con un sospetto: che i milanisti abbiano giocato a perdere per liberarsi di lui. Non so se vi riusciranno prima di Verona. Però è possibile”.

Bruno Bernardi, inviato per “La Stampa” a Milanello, riportò il 25 ottobre 1987 [vedi] le certezze del presidente del Milan. “Sacchi non è sotto processo, non sarebbe serio porsi un simile problema per una gara storta anche se sono il primo a rammaricarmi e spero non si ripeta a Verona. Noi non guardiamo ai risultati immediati ma nel tempo, verso una squadra che primeggi per un ciclo, e non siamo pentiti di una scelta, frutto di una lunga e ragionata selezione in Italia e all'estero. Personalmente lo ammiro, per la grande preparazione, l'educazione, la capacità di dialogo con tutti: lo ritengo la persona su cui il Milan può costruire il suo futuro ed anche i tifosi debbono mettersi il cuore in pace”. Questa la «verità» di Silvio Berlusconi arrivato dal cielo, in elicottero, all'ora di pranzo. E' rimasto a Milanello quasi l'intero pomeriggio durante il quale ha confessato, ad uno ad uno, l'allenatore Sacchi, i giocatori rossoneri, il medico e gli altri collaboratori, costringendo la squadra a ritardare la partenza per Sirmione, sede del ritiro alla vigilia della delicata trasferta di Verona. Alla fine ha assolto tutti, con lievi... penitenze, per il clamoroso tonfo di Lecce che ha quasi compromesso il cammino europeo del Milan. Piena fiducia a Sacchi (Capello studia da general manager e non tornerà più in panchina a meno che la situazione precipiti) e alla squadra. “Ho parlato con tutti, e tutti sono convinti che si sta lavorando bene. C'è grande apprezzamento per l'allenatore, la convinzione che il gruppo non è mai stato cosi unito. E' stato un mercoledì stregato non privo di fatti tecnici. Nessuno è esente da errori e faremo tesoro, tutti, della lezione”. Uscire dall'Europa non è importante? “Non siamo già fuori. E il lavoro che stiamo facendo, un lavoro di rifondazione negli atletici, nella filosofia e nell'organizzazione della società che non è completo, non può che portare a risultati positivi. Negli ultimi anni, non si è vinto niente, eppure i nostri tifosi ci seguono: stiamo per annunciare un record europeo in fatto di abbonamenti. Il football non è una scienza esatta, e lo sa anche Sacchi che non mi ha mai deluso ed è pronto a cambiare le sue opinioni di fronte ad un'analisi convincente. Non ci sono dogmi ma fatti umani ed occasioni che lo rendono meraviglioso. Il Milan resta un atto di fede, e noi siamo orgogliosi della nostra diversità”.

Coppe europee: secondo turno (andata)

Con la maglia bianconera di uno sconosciuto XI finlandese
Mika Aaltonen affonda l'Inter a San Siro. Entro pochi mesi,
sostituirà la sua maglia con una di colore nero e azzurro
Il sorteggio per gli ottavi di Coppa dei campioni aveva generato insoddisfazione: dopo Napoli-Real nel primo turno, ecco ora Porto-Real già in cartellone nel secondo. I detentori del trofeo contro i favoriti. Non siamo ancora nell'epoca del ranking e degli abbinamenti orientati a favorire (per i top-club) un cammino tendenzialmente privo di trappoloni; è anche vero che, senza gli inglesi (e sarebbe toccato in questa stagione all'Everton), con l'XI campione d'Italia subito fuori, il tabellone si profila poco 'appassionante'. Facile avversario sulla carta per il Bayern (che però si fa mettere sotto nell'andata a Neuchâtel), per il PSV (opposto al Rapid Vienna), per il Benfica (gli sono toccati i danesi dell'Aahrus). Interessante ed equilibrata la sfida tra Anderlecht e Sparta Praga.

In Coppa delle coppe, unico match di richiamo è quello tra Amburgo e Ajax - dunque una 'classica'; in Coppa Uefa, abbastanza attraenti sarebbero i duelli tra Aberdeen e Feyenoord, tra Spartak Mosca e Werder Brema.

E le italiane? Rimaste tutte in lizza, a parte il Napoli, combinano un memorabile disastro. Cinque partite, quattro sconfitte e un solo pareggio (del Verona a Utrecht). Imbarazzante la caduta a San Siro dell'Inter, che "fa sembrare fortissimi dei dilettanti finlandesi. Da serie B, giuro, ma consapevoli di sè, a differenza dell' Inter" (Gianni Mura); irreparabile la batosta assestata ai rossoneri (a Lecce, campo neutro) dalla seconda squadra di Barcellona (una Waterloo della quale Brera sospetta: "che i milanisti abbiano giocato a perdere per liberarsi di lui", cioè di Sacchi?). Battuta anche la Juve ad Atene (gol alla Magath di Saravakos ...). A Creta, cade l'onesta Atalanta, uno a zero come la Juventus.

Così iniziava l'amaro commento della giornata Gianni Mura ("La Repubblica", 22 ottobre 1987):
"Il re (il nostro calcio) è nudo e palesa un gonfiore da estrogeni. E' stato in effetti gonfiato, il ricco poverino, gonfiato per anni e coscientemente da tutte le categorie di addetti ai lavori, tifosi compresi, che pagano a caro prezzo le speranze vendute per certezze, uno spettacolo mediocre spacciato per calcio più bello del mondo, certi mestieranti della panchina presentati come filosofi finissimi, certi giocatorelli di scarso peso cantati come nuovi Riva, nuovi Rivera eccetera. Prima di perdere le partite, in modo ridicolo (mi riferisco specialmente alle milanesi) il nostro calcio ha perso il senso delle proporzioni: questo è il guaio. Doveva essere la stagione del rilancio etico ed estetico: tanti nuovi stranieri, tanti miliardozzi investiti, abbastanza facce nuove anche in panchina, a predicare vecchi concetti. E' invece, per ora, la stagione delle delusioni, dei bluff pacatamente visti da giocatori e scuole calcistiche presenti al tavolo con meno storia, meno miliardozzi, meno chiacchiere, meno stress".
Col senno di poi, un pessimismo eccessivo.

Questi i tabellini e i rimandi ai riflessi filmati (se disponibili) delle partite più interessanti:

Coppa dei campioni

Real Madrid-Porto
Cineteca

Rangers- Gornik
Tabellino e sintesi | HL

Neuchâtel Xamax- Bayern
Tabellino e HL

Rapid Vienna-PSV
Tabellino e HL

Sparta Praga-Anderlecht
Tabellino e HL



Coppa delle coppe

Amburgo-Ajax
Tabellino e HL

Iraklion-Atalanta
Tabellino e FM | HL

Marsiglia-Hajduk
Tabellino e HL

Real Sociedad-Dinamo Minsk
Tabellino e Sintesi



Coppa Uefa

Milan-Espanyol
Cineteca

Panathinaikos-Juventus
Tabellino | HL

Inter-Turun PS
Tabellino | HL

Utrecht-Verona
Tabellino | HL

Aberdeen-Feyenoord
Tabellino | HL

Barcellona-Dinamo Mosca
Tabellino | HL

Spartak Mosca-Werder Brema
Tabellino

Gli anni Ottanta

Proviamo a rievocare il contesto storico, italiano ed europeo, della seconda metà degli anni Ottanta. Non solo la grande storia, ma anche quella materiale, delle abitudini quotidiane.

Michail Gorbacëv e Margaret Thatcher
Muoviamo dalle grandi coordinate. L'ordine politico mondiale si fondava ancora sulla contrapposizione tra l'Occidente democratico e il blocco sovietico. La contemporanea elezione di Margaret Thatcher (1979) alla guida del Regno Unito e di Ronald Reagan (1980) alla presidenza degli USA - che avevano sancito il ritorno ideologico del liberismo estremo -, e la nomina a pontefice (1978) di un vescovo polacco, Karol Woityla, che si fece promotore di una vigorosa azione politica contro il comunismo, accelerarono nel corso degli anni Ottanta la crisi dei paesi del cosiddetto "socialismo reale", egemonizzati dall'URSS. Crisi che era già latente per la stagnazione economica e la penuria di beni di consumo che affliggevano dal decennio precedente le popolazioni dei paesi dell'Est europeo. Ciò costrinse la dirigenza sovietica dapprima a trattare una serie di accordi che portarono a sostanziali riduzioni degli arsenali nucleari dei due blocchi, e infine, a promuovere tardive politiche di "perestrojka" (riforma e ricostruzione) e di "glasnost" (trasparenza e libertà di parola), avviate dal leader russo Michail Gorbacëv proprio dall'estate del 1987. Osteggiate dall'apparato comunista, le riforme fallirono gli obiettivi e accelerarono la fine del sistema, simboleggiato dalla caduta del muro di Berlino nel novembre 1989 e dalla definitiva dissoluzione dell'Unione Sovietica nel 1991. Solo successivi a questo periodo sono fenomeni come la "globalizzazione" economica e degli stili di vita sul modello occidentale, e sviluppi politici come la nascita dell'Unione Europea, con il Trattato di Maastricht del 1992 e l'adozione di una moneta comune, l'euro, dal 2002: un'altra epoca, cioè.

Lo stemperarsi della "guerra fredda" e la crisi del sistema sovietico nel corso degli anni 1980s ebbero immediati effetti anche nello scenario politico italiano, dove i due grandi partiti del dopo guerra, la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista, che erano stati lo specchio ideologico locale del confronto tra i due blocchi, conobbero un declino di consensi. Ai grandi conflitti sociali e politici degli anni 1970s, culminati nella plumbea stagione del terrorismo, subentrò un periodo di "riflusso" nella sfera del privato e nel disimpegno politico. Piena espressione ne fu la dilatazione dei consumi individuali e familiari, sostenuta dall'espansione della spesa pubblica e, conseguentemente, del debito pubblico: fu proprio in quel periodo che quest'ultimo passò dal 56% del Prodotto nazionale nel 1980 al 105% nel 1992, superando il milione di miliardi di lire nel 1988; in pratica un raddoppio dell'indebitamento, causa tra le principali dal declino economico del paese nei successivi vent'anni. Negli anni 1980s i consumi furono favoriti da un'efficace politica di riduzione dell'inflazione, che nel 1980 aveva raggiunto il 21,8%, e che fu abbattuta al 4,7% nel 1987. La pubblicità dei prodotti e dei servizi conobbe contestualmente un decollo vertiginoso. Gran cassa del sistema fu la diffusione della televisione commerciale proprio negli anni 1980s, che formò nuove abitudini - i programmi della mattina, le serie televisive, i talk show - e nuovi linguaggi - meno paludati e ingessati rispetto al monopolio della RAI ma presto degradati dalla crescente presenza in video di maghi, pornostar e venditori dei prodotti più vari.


Bettino Craxi e Silvio Berlusconi
Protagonisti delle vicende italiane di quegl'anni furono Bettino Craxi e Silvio Berlusconi. Il primo, leader del Partito Socialista, che già nel 1978 era riuscito a fare eleggere Presidente della Repubblica il vecchio partigiano Sandro Pertini (destinato a diventare, per il carattere burbero e schietto, una delle figure politiche più amate nel paese), cavalcò la crisi della DC e del PCI guidando il governo dal 1983 al 1987, e poi stringendo un'alleanza con i leader democristiani Giulio Andreotti e Arnaldo Forlani destinata a frantumarsi solo di fronte all'azione giudiziaria che svelò tra 1992 e 1993 l'esteso sistema di corruzione e tangenti cui si era ridotto il cosiddetto "consociativismo" dei partiti. Da quella discontinuità - che si usa definire passaggio dalla prima alla seconda Repubblica - sorse un paesaggio politico completamente nuovo. Il secondo, imprenditore edile lombardo di facoltose quanto mai chiarite ricchezze, si impose come monopolista delle televisioni commerciali tra 1982 e 1984, rilevando da Edilio Rusconi il canale Italia 1 e dal polo Mondadori-Caracciolo-Perrone il canale Rete 4, e beneficiando dapprima di assenza di regole e poi di alcune leggi che sancirono tra 1984 e 1990 il duopolio RAI-Mediaset, grande sintesi di interessi politici e di affari economici.

Caratteristici di quegli anni furono la percezione di un benessere diffuso e il senso di ottimismo nei confronti del futuro, come se le ricchezze individuali e familiari avessero potuto crescere all'infinito. Il Prodotto interno lordo incrementò tra 1980 e 1989 a una media annua del 2,55, con un picco mai più eguagliato del 4,19 nel 1988, mentre tra 2004 e 2013 è invece sceso a una media annua dello 0,23, con un picco negativo del -5,5 nel 2009. I governi di allora vantarono di guidare la quinta (nel 1987) e la quarta (nel 1991) potenza economica mondiale dietro agli USA, al Giappone e alla Germania, mentre nel 2012 era ormai solo la nona. Negli anni Ottanta fu coniato il termine "made in Italy" per indicare i successi internazionali e la qualità del prodotto dei settori industriali della moda, del cibo, dell'arredamento e delle automobili di lusso. Capitale elettiva tornò a esserne la Milano non più delle industrie e della classe operaia, ma quella dei servizi: la cosiddetta "Milano da bere", del rampantismo sociale, dei ceti affluenti, degli "yuppies" e dei "paninari", poi naufragati anch'essi nelle vicende giudiziarie che nei primi anni novanta scoperchiarono la cosiddetta "Tangentopoli".

The 1987 New American Home: Jacuzzi bathroom
Vero è che nel corso degli anni ottanta le case degli italiani (non solo le prime, ma anche le seconde e terze case, che proprio in quel periodo conobbero una straordinaria espansione nelle località turistiche e come forma di investimento) cominciarono a riempirsi, come mai prima, di oggetti e tecnologie frutto di bisogni indotti: elettrodomestici tra i più vari, simboleggiati dalle macchine a cialda per fare il caffè espresso come al bar; vasche ad idromassaggio come le Jacuzzi; scooter sempre più potenti e accessoriati; seconde e terze automobili; camper; per non dire dei capi di abbigliamento firmati, dei prodotti di cosmesi; di gioielli e orologi (anche a prezzi popolari come quelli che la Swatch cominciò a lanciare dal 1983); della diffusione degli animali domestici. La grande escalation consumistica - che nutrì un ceto medio dilatato e slombato, percorso da crescenti fenomeni di egoismo sociale, di narcisismo individuale e di allentamento dei legami, a cominciare da quelli di coppia - pose le basi nel nostro paese proprio negli anni 1980s.

Il disastro di Cernobyl' del 26 aprile 1986, emotivamente esorcizzato dal successo del referendum che nel 1987 abrogò la politica nucleare in Italia, non intaccò la fiducia nelle nuove tecnologie, soprattutto quelle domestiche. Cominciarono a farvi capolino i primi "personal" computer: nel 1981 il PC IBM, nel 1983 il Commodore 64 e l'Olivetti M24, nel 1985 il Macintosh della Apple e la prima versione di Windows della Microsoft. Si diffusero di conseguenza i videogiochi come Pac-man, Super Mario Bros (dal 1986), etc. Contemporaneamente vi si radicarono sistematicamente le televisioni a colori (ancora catodiche) e i videoregistratori a nastro magnetico (cassette VHS). Diffusissime erano le cosiddette "musicassette", che proprio in quegli anni si cominciarono ad ascoltare anche con il lettore portatile Walkman. Dal 1983 i Compact Disk (CD) vennero progressivamente a sostituire i dischi in vinile. Le abitazioni, però, non erano ancora raggiunte dall'internet e le prime reti di telefonia mobile cominciarono a essere installate a Roma e a Milano nel 1985 e, su gran parte del territorio nazionale, solo nel 1989: in pratica, i "telefonini" si diffusero solo dal 1990 con la nascita di Omnitel. Anche la televisione satellitare cominciò a invadere con le sue "padelle" tetti e balconi solo dal 1990 con Raisat e poi, dal giugno 1991, con Tele+.

IBM 5150
Restringendo il fuoco al 1987 e al 1988, alcuni avvenimenti di cronaca segnalarono discontinuità significative. Il più spettacolare fu l'atterraggio, il 28 maggio 1987, sulla Piazza Rossa di Mosca di un piccolo aereo da turismo guidato dal 19enne tedesco Mathias Rust, senza che i radar dell'aviazione sovietica ne avessero segnalato la presenza: uno smacco simbolico per il sistema sovietico ormai al collasso. Le vendite all'asta dei Girasoli (marzo 1987) per 38 milioni di dollari, e poi dell'Iris (novembre 1987) per 50 milioni, entrambe opere di Van Gogh, segnarono una svolta nel mercato dell'arte, identificato ormai come bene rifugio. La finanziarizzazione dell'economia si manifestò il 19 ottobre 1987, con un crollo del 20% delle quotazioni di borsa a Wall Street, frutto anche dell'automatismo di mal tarati programmi informatici di acquisto e vendita dei titoli. Tra 1987 e 1988 la Walt Disney Productions si accordò col governo francese per avviare la costruzione di Eurodisney alle porte di Parigi, destinato a diffondere anche nel Vecchio continente il formato dei parchi di divertimento a tema. Alcuni scienziati americani scoprirono un buco nell'ozono sopra l'Antartide e il settimanale "Time" dedicò la prima copertina del 1988 non al uomo dell'anno ma al "Planet of the year": la Terra minacciata dall'inquinamento avanzante. Nel novembre 1988 Benazir Bhutto fu eletta primo ministro del Pakistan, prima donna a diventare capo di stato di un paese musulmano: una sfida straordinaria a millenarie tradizioni, che avrebbe pagato con la vita, vittima di un attentato terroristico nel 2007. In Italia, il 28 luglio 1987, dopo un lungo periodo di pioggia, una gigantesca frana spazza via due paesi della Valtellina, causando 53 morti e 1.500 senza tetto, e riproponendo la questione del dissesto idrogeologico del paese, che dai tempi del Vajont a tutt'oggi appare irrisolta. L'estate successiva fu segnata invece dal fenomeno della mucillagine che colpì soprattutto l'Adriatico. Tra le novità positive, l'entrata in servizio nel 1988 del primo ETR 450, detto "Pendolino", che inaugurò l'alta velocità coprendo in meno di 4 ore la tratta ferroviaria Milano-Roma.

La stagione internazionale (14-17 ottobre 1987)

Bruno Pezzey e Rafael Gordillo Vázquez
Da mercoledì 14 a sabato 17 ottobre 1987 si disputano numerosi incontri internazionali. Spiccano, naturalmente, quelli che contribuiscono a definire le gerarchie nei gruppi di qualificazione al Campionato d'Europa. Ci sono ancora posti in palio, e il clima si fa rovente.

La settimana è però inaugurata dalla Nationalmannschaft, che ha un fitto calendario di amichevoli. Ospita la Svezia a Gelsenkirchen, ma la 'festa' è rovinata da Glenn Ingvar Hysén, capitano (per la prima volta) dei nordici e in forza alla Fiorentina.
Per il gruppo 1, il pass è conteso da Spagna e Romania. La Roja attende l'Austria al Sánchez Pizjuán, ed è un assedio che si risolve solo grazie a un penalty intorno all'ora di gioco. Inutile, sostanzialmente, il match tra Francia e Norvegia, inserite nello stesso gruppo di sovietici e tedeschi orientali (il cui pareggio nello scontro diretto del 10 ottobre, a Berlino, aveva praticamente qualificato lo squadrone di Lobanovskyi alla fase finale). Quando vede i turchi, Gary Lineker si scatena. Roboante l'otto a zero messo a tabellino dai pedatori della regina, con tripletta del suddetto: ma tutto si deciderà nello 'spareggio' di Belgrado, e là i Leoni dovranno perlomeno non perdere - appuntamento per il prossimo 11 novembre; gli slavi hanno difatto agevolmente regolato l'Irlanda del Nord, con una doppietta di Fadil Vokrri, talentuoso e girovago kossovaro la cui carriera internazionale fu assai poco fortunata.
L'Ungheria tiene accesa la speranza, travolge i greci ma deve attendere le numerose partite che mancano ancora all'Olanda; nel frattempo, gli arancioni decretano il definitivo declino polacco, passando a Zarbze con una doppia inzuccata di Ruud Gullit. In discesa ormai il cammino della Danimarca, che supera i Dragoni (infastiditi dalla gaffe della banda di Copenaghen, che - chissà se dolosamente - esegue a squadre schierate l'inno inglese e non quello gallese) con un rigore di Elkjaer: il derby bianconero (Laudrup di qua, Rush di là) è risolto dal bomber del Verona, protagonista di una polemichetta della vigilia con il nuovo centravanti della Juventus ("per sfondare in Italia non bisogna stare là davanti ad aspettare il pallone", dice il vikingo; "non ho bisogno di consigli, e non mi pare che lui abbia segnato finora caterve di reti in Serie A", risponde il baffuto gallese). Infine, volata a tre tra Irlanda, Scozia e Bulgaria, con le britanniche che vincono i confronti interni e si giocano il posto nelle due partite che rimangono: dovessero vincerle entrambe, si conteranno i gol.

Deltaplano Zenga
E l'Italia? Gli Azzurri giocano sabato 17 ottobre, al Wankdorfstadion, dove non hanno mai vinto. "La nostra cara e trepida Italietta, pur mo' convinta dal buon Vicini ad aggredire l' universo mondo della pedata, è uscita con un rotondo 0-0 dal campetto mundial di Berna, capitale della Svizzera. Non è illuso nè incantato alcuno. Contro i ruvidi svizzeri, è stata cara grazia a non subire qualche pappina sinistra. Il portiere chiamato alle maggiori prodezze è stato Deltaplano Zenga, autore di una parata che sicuramente ha salvato il risultato": così l'apertura di mastro Brera. Segue la cronaca, e la breve (e allusiva) battuta finale: "Qui chiudo e sbatto via dalla spalla sinistra il mordace spiritello che inneggia - oh, per mera cattiveria - alle magnifiche sorti e progressive del gioco offensivo. So io dove vorrebbe andare a parare quel fregnoncino. Zitto là" (La nazionale ringrazia, "La Repubblica", 18 ottobre 1987).


Tabellini e riflessi filmati

Amichevole

Germania - Svezia 1:1
TabellinoSintesi 


Qualificazioni europee

Spagna - Austria 2:0
Tabellino | HL

Francia-Norvegia 1:1
Tabellino | HL

Germania Est-URSS 1:1 (10 ottobre)
Tabellino

Inghilterra-Turchia 8:0
Tabellino | Sintesi

Jugoslavia-Irlanda del Nord 3:0
Tabellino

Ungheria-Grecia 1:1
Tabellino | HL

Polonia-Olanda 0:2
TabellinoSintesi 

Danimarca-Galles 1:0
Tabellino | HL

Irlanda-Bulgaria 2:0
Tabellino | HL

Scozia-Belgio 2:0
Tabellino | HL

Svizzera-Italia 0:0 (17 ottobre)
Tabellino e HL

Cura di calcio con cortisone

di Angelo Caroli

La pioggia lava molte ferite. La Juventus ritrova nella famelicità di una tradizionale "nemica", la lupa romana, importanti veicoli per scaricare l'intensità emotiva, attenuata dai due insuccessi esterni, e riscopre interessanti verità per allontanare una crisi che comunque lei stessa riteneva provvisoria.
L'importanza del rendezvous, le insidie che in esso si occultavano e lo stato del terreno sembravano via via complicare un'impresa che pure si avvertiva nell'aria. La storia è maestra, di rado la Juventus ha subito, senza reagire, uno situazione negativa o una confluenza di elementi avversi. L'era bonipertiana è caratterizzata da immediate prese di coscienza, accompagnate da risposte rabbiose della squadra. Il presidente ha fatto tuonare la voce ed ora saluta il risultato della "liberazione" come fosse un procedimento naturale. 

Michael Ludrup e Ian Rush
PIÙ' ORDINE - Insieme con i due punti, Marchesi ha ricevuto i primi segnali di un gioco più razionale ed incisivo, dunque più ordinato. Il tecnico si è forse convinto che Bonini è assolutamente necessario, mancandogli un'alternativa in un delicatissimo settore del campo. E i tifosi avranno forse capito che Magrin, pur non essendo un fenomeno, è fra i pochi a sveltire il gioco ed a capovolgere il fronte operativo con traversoni lunghissimi. Non ha una personalità spiccata, ma disapprovandolo, come hanno fatto durante il match con il Pescara, i tifosi gli rendono la vita disagevole.

LAUDRUP - Una partita non rende grande un giocatore (Michael lo è comunque), come una rondine non fa primavera. Ma gli scettici, dopo la vittoria sulla Roma, probabilmente si sono ricreduti sulla liceità della conferma del danese per la stagione 1987/88. Boniperti ha ragioni da vendere, poiché ha messo in pratica un teorema molto chiaro: "Dove trovo uno straniero giovane con le capacità di Michael e in grado di fare da partner ad un professionista del gol come Rush»? Il danese non è un trascinatore, dunque è assurdo aspettarsi che all'improvviso prenda per mano la squadra e la conduca al successo; perà ha eccezionali doti, che i colleghi dovranno esaltare, offrendogli costante assistenza. Il resto spetta agli arbitri, con una tutela accentuata quando sul danese si commettono scorrettezze ripetute. Ci saranno momenti di eclisse, ma quale giocatore talentoso non si nasconde, ogni tanto, dietro le nuvole dell'incostanza? 

Vincenzo Scifo
STRANIERI, PRIMI GOL - Tre stranieri sono andati per la prima volta a segno nel nostro campionato: Casagrande, Scifo (foto) e Careca. Era un evento scontato, anche se molte perplessità erano sorte sul loro rendimento. Noi italiani, del resto, molto inclini all'esterofilia siamo esigenti in rapporto all'amore che dedichiamo agli stranieri e siamo impazienti di vedere i risultati. Ci vuole calma e comprensione, visto che l'ultimo contingente dei transfughi vive in piena fase di acclimatamento. 

COMI E BERGGREEN - Chi conosce le pagine affascinanti sulla vita di Jekyll, sa che il celebre dottore era capace di mirabolanti trasformazioni nel breve volgere di una notte. Comi ricorda quella leggenda, anche se i trasformismi si concretizzano a distanza di sette giorni. Al Comunale, l'erede di Junior è vittima di complessi, forse vede l'ombra scomoda del predecessore nell'attenzione molto critica dei tifosi e soffre. Fuori casa Comi gioca da leader, pur con i limiti dinamici che gli si riconoscono, e dà geometrie ad un Torino ben disposto sul campo. L'assistenza tenace fornita soprattutto alla difesa ed al centrocampo, la continuità espressa finché é rimasto in campo, l'intelligenza di capire che i palloni andavano lanciati e non trasportati nell'acquitrino sono lodevoli davvero. Berggreen è invece in crisi atletica. La sua corsa è offuscata da remoti sfinimenti. Necessita di una pausa e la sosta cade opportuna. 

NAPOLI SI GONFIA - La squadra di Bianchi ha usato il mitragliatore contro il Pescara privo di Junior e di Sliskovic. Sei gol per solito costituiscono risultato da gioco del tennis e non del calcio, perciò fanno scalpore. Ma fino ad un certo punto. Da maggio si va infatti ripetendo che è il Napoli la squadra da battere. La novità semmai è rappresentata dal "caso" Maradona. Il manager di Diego accusa i medici partenopei di aver somministrato cortisone all'asso argentino, i medici reagiscono con durezza. Cortisone sì o cortisone no? E' un motivo che chiameremmo di "alleggerimento" se Diego non abbondasse, sia causa del cortisone o di altro, nel peso.

"Stampa Sera", 13 ottobre 1987, p. 17

5ª giornata

11 ottobre 1987, ore 15

L'autunno torinese
Il Napoli consolida il proprio primato solitario maramaldeggiando sul Pescara al San Paolo: in realtà è la squadra di Galeone a concedere per tutta la partita dei comodi ... contropiedi ai padroni di casa, che segnano due volte su rigore, una su autorete e un'altra su calcio da fermo. Ma va bene così, ovviamente, ai tifosi azzurri, estasiati dal pallottoliere. A tenere il passo, dietro è solo la Fiorentina, che regola in casa un Avellino capace di reagire solo nel finale di partita. I Viola raggiungono la Roma, che esce sconfitta dal Comunale di Torino nonostante un rigore a favore, parato da Tacconi a Boniek: il gol di Cabrini costituisce un brodino per la Juventus, ma ad agevolare i padroni di casa è anche l'acquitrino cui un nubifragio riduce il campo nel secondo tempo. Diluvio anche a Genova e terreno pesante a Marassi, che non impedisce però a Sampdoria e Milan di giocare una bella partita, illuminata dalle qualità dei singoli e dai guizzi risolutivi di Gullit e Vialli. A San Siro, invece, l'Inter domina sterilmente il Verona per un tempo e poi subisce il contropiede dettato da Osvaldo Bagnoli, che alla fine si rammarica per le occasioni sprecate dai suoi: per i Nerazzurri mette una pezza, ricamata, Scifo. Consolida la classifica l'Ascoli, che schiera finalmente Maradona (Hugo) dal primo minuto, ma ci vogliono poi le prodezze dei bomber Scarafoni e Casagrande per affondare al Duca un Empoli dimesso. Il Toro strappa uno zero a zero al "Manuzzi", dove il Cesena colpisce i legni e Polster si mangia un paio di contropiedi azzeccati. Il Pisa conquista finalmente il primo punto in casa, contro una diretta concorrente per la retrocessione: la perla è il volo d'angelo di Stefano Cuoghi, forse il gol più bello della giornata.

Risultati

Ascoli- Empoli 2:0 | (0:0) - Tabellino - HL
Cesena- Torino 0:0 | (0:0) - Tabellino - HL
Fiorentina - Avellino 2:1 | (2:0) - Tabellino - HL
Inter - Verona 1:1 | (0:0) - Tabellino - HL
Juventus - Roma 1:0 | (1:0) - Tabellino - HL
Napoli - Pescara 6:0 | (3:0) - Tabellino - HL
Pisa - Como 1:1 | (0:0) - Tabellino - HL
Sampdoria - Milan 1:1 | (0:0) - Tabellino - HL

Classifica

10 Napoli
7 Roma
7 Fiorentina
7 Sampdoria
6 Verona
6 Juventus
6 Milan
6 Inter
6 Pescara
5 Ascoli
4 Torino
2 Como
2 Cesena
2 Avellino
1 Pisa
-2 Empoli  *
* 5 punti di penalizzazione

Marcatori

5 reti: Elkjaer-Larsen (Verona)
4 reti: Boniek (Roma), Polster (Torino), Scarafoni (Ascoli), Schachner (Avellino)
3 reti: Bagni (Napoli)
2 reti: Altobelli (Inter), Diaz (Fiorentina), Giordano (Napoli), Gullit (Milan), Junior (Pescara), Mancini R. (Sampdoria), Rush (Juventus), Vialli (Sampdoria)

Prossimo turno (25 ottobre 1987, ore 14:30)

Avellino - Cesena | Como - Ascoli | Empoli - Pisa | Inter - Juventus | Pescara - Sampdoria | Roma - Napoli | Torino - Fiorentina | Verona - Milan

Vigilia di Juventus - Roma

Scorrendo le cronache del 1987 si scopre che Juventus-Roma era avvertita dagli anni di Falcao e Platini non solo come una partita di cartello ma anche come un confronto di rancori recenti ...

Presentando la partita su "La Stampa" l'11 ottobre 1987, Bruno Bernardi scriveva: "Allo Stadio Comunale arriva oggi la Roma superstar, con ben tre punti di vantaggio sulla Juventus e due ex di lusso, Boniek e Manfredonia. E la sfida ritrova sapori e rivalità antichi, priva però di quel veleni che l'avevano caratterizzata negli anni ruggenti. Come l'accoglierà la Torino bianconera? La Juventus vuole farle la festa, sia per recuperare parte del disavanzo, già pesante, dopo le prime quattro giornate, sia per ritrovare il feeling con il proprio pubblico. “Il calendario fa incontrare troppo presto due candidate allo scudetto, con la Roma in testa e la Juventus a -4 ma con la possibilità di tornare protagonista, perché noi non crediamo abbia ragione l'avvocato Agnelli che paventa un'altra stagione di transizione”, dice Pier Carlo Perruquet, presidente del Juventus Club Torino. E lancia un messaggio di pace ai tremila sostenitori giallorossi (la Roma ha restituito mille biglietti) in arrivo dalla Capitale in treno, pullman o aereo e che, per misura precauzionale, saranno scortati dalla polizia: “Un tempo eravamo amici, poi c'è stato conflitto, adesso c'è armistizio e ci ignoriamo, ma noi siamo disposti a fare il primo passo verso la pace definitiva, verso il ritorno alla vecchia amicizia, anche se sugli spalti, dal primo all'ultimo minuto, saremo il 12° bianconero”.

"La Repubblica", invece, osservava come "tanto per cominciare Juve-Roma si apre con l’occhio pesto di Mario Manfrin, il custode dello stadio "Comunale", che ieri è stato preso a pugni da un gruppetto di giovani energumeni che pretendevano di entrare per sistemare il loro striscione, a quanto pare carico di insulti. Le cattive abitudini non si perdono. Juve-Roma è sempre una partita con episodi da cronaca nera, anche se come valore calcistico s’è un po' declassata, quest’anno per colpa della Juve più che della Roma capolista. La Signora ha perso molto del suo "charme", i suoi stessi tifosi sono incerti se correre ancora a vederla nella speranza che si risollevi oppure abbandonarla, in attesa che passi, come dice Gianni Agnelli, l’anno di transizione. Combattuti da questo dilemma, gli juventini per il momento si sono accostati tiepidamente ai botteghini, c'è ancora un’abbondante disponibilità di biglietti e la pioggia sarà un’avversaria in più per il cassiere di Madama. Eppure per la Juve questa è una partita che conta, siamo al primo annuncio di un’ultima spiaggia. La crisi di gioco e di risultati della Juventus era all'ordine del giorno. "Parliamoci chiaro, se dovessimo perdere anche questa volta non saremmo più in grado di rientrare nella lotta per lo scudetto e faticheremmo anche a trovare un posto in zona Uefa, con la concorrenza che c’è", dice Tacconi".

Sempre su "Repubblica" l'articolo di presentazione (a firma "m.a.") evidenziava alla vigilia dell'incontro con la Roma: "Trovarsi con la prospettiva di non vincere un campionato, dopo appena cinque partite, non è proprio una situazione da Juve. Ma la classifica e soprattutto il gioco che la Juve non ha saputo esprimere, testimoniano che l’allarmismo di Tacconi non è fuori luogo. C’è un clima di tensione, persino di sfiducia. C’è chi maligna che oggi Gianni Agnelli verrà allo stadio soltanto perché c’è la Roma e non la Juve. La presenza dell’Avvocato ad Avellino, domenica scorsa, per vedere il Napoli, anziché a Verona per la Juve, è stato uno schiaffo che brucia ancora ai bianconeri [vedi]. "Io sono venuto da Avellino per giocare nella sua squadra e invece l’Avvocato va laggiù a vedersi le partite. Qui c’è qualcosa che non quadra...", dice il solito Tacconi, che almeno sa prenderla sullo scherzo. Altri, soprattutto al vertice della società, l’hanno patita di più e anche Marchesi è assai scosso. "Le critiche fanno sempre male, ma si patiscono di più quando a farle è il tuo datore di lavoro" confessa il tecnico. Contro tutto questo la Juve scende in campo per battere la capolista. "Se la Roma ha intenzione di fare punti ha scelto un brutto momento" dicono i bianconeri, cercando di tirar fuori il carattere, come ai tempi di Trapattoni. Resta un ‘incognita la formazione. Marchesi, in settimana, si era espresso per un cambiamento che servisse ad aiutare Rush, sembrava che volesse togliere un centrocampista per far posto a Buso o ad Alessio. Ieri però ha lasciato intendere che non dovrebbe mutare nulla: "Fino al rigore a Verona siamo andati bene" ha detto Marchesi. Alla Juve ormai ci si accontenta di poco".

Peggio di lei c’è solo l’arbitro ...

di Gianni Brera

Giornata che ispira al Gioânn accostamenti zoologici: Andrea Carnevale "rude castrone indigeno", Preben Elkjær Larsen "il bisontino", Massimo Mauro e Michael Laudrup "autentici masturbatori di grilli", Mario Kempes "animale da gol ottenuti con il ringhio" ...  

Celebrazione memorabile della IV giornata di campionato. Il Napoli si toglie di dosso le ruggini psicofisiche inflittegli dal Real Madrid ed espugna Avellino. La Sampdoria passa a Como su rigore. L’Inter pareggia sul campo del Torino e la Juventus subisce una dolorosa sconfitta a Verona, dove l’arbitro le offre preziosi spunti per non disperarsi più di tanto. Il Napoli passa a pochi minuti dal termine con un gol di Carnevale, il rude castrone indigeno che Bianchi ha sostituito a Careca, elegante ma sterile. Le cronache parlano di Maradona ancor estraneo a un gioco dinamico nel quale non riesce ad entrare. Maradona è indignato con la volubile critica tele-giornalistica, dalla quale sarebbe stato aizzato anche il pubblico. Si chiede se bastino due volgari partite ad alienargli la simpatia e la stima dei tifosi. Ha un po' ragione. Maradona è sulla corda da tre anni. E' scarico di nervi e, data la anomala morfologia, è da supporre che null'altro alimenti il suo genio. Dovrà guarire correndo il meno possibile. Con tutte le riserve avanzate sul conto suo, il Napoli sta per tornare chiotto chiotto in testa alla classifica. Il giudice sportivo gli darà i 2 punti perduti a Pisa e gli consentirà di precedere la Roma, sospesa a quota 7. 

La prima linea del Como:
Stefano Borgonovo, Claudio Borghi e Dan Corneliusson
Per ironia del computer, il Pisa è andato a perdere proprio con la Roma dopo aver inflitto un amaro e ambiguo 1-0 alla squadra campione. Sotto la Roma galleggiano a quota 6 Pescara e Sampdoria, squadre di città marinare. Galeone bordeggia assiduo cogliendo il vento sulle incidenze migliori. Un’autorete più uscocca che slava gli consente di fare en plein. Punito il Cesena aldilà dei suoi demeriti. La Sampdoria ha espugnato il Sinigallia, campo tradizionalmente inospite per tutti. Un mio guardone particolare - il Commodoro - ha espresso il giudizio che la Samp è divertente ma, forse, onorata di troppo credito. Stupore per la pratica latitanza di Mancini, autore della grande impennata sul Verona. Ammirazione per Vialli e fondato sospetto che Boskov sia stato finalmente invitato a conduzioni meno scapate in senso idealistico. Nel Como, desolante incomprensione tattica dell’argentino Borghi, che volutamente ignora i recuperi difensivi. Il mio personale guardone esprime anche dubbi sulla effettiva consistenza tecnico-tattica della Samp e contemporanee certezze sulla nuova condizione del Como, verosimilmente destinato a doversi impegnare per non retrocedere. 

Dal canto mio ho assistito a Verona-Juventus. Le due squadre hanno giocato passabilmente alla pari per quasi mezz'ora. Poi si è reso più temibile il Verona, che al 35' ha ottenuto un rigore. Non ho materialmente visto il fallo che ha indotto l’arbitro Bergamo a punire così duramente la Juventus: mi stavo annoiando un poco e cercavo scampo nella conversazione con un giovane e bravo collega di Tele Arena. Ho poi atteso la TV per giudicare l’arbitro. Mi pare di aver sentito da Carlo Sassi che a stendere Pacione non è stata già l’andata di Brio quanto un astuto "tocco" da tergo dello zelante Tricella. La moviola è una cosa e la panchina o la tribuna un’altra. Marchesi ha perso la flemma di sempre per ringhiare il proprio disappunto. Io ricordo solo il destro omicida di Larsen dagli 11 metri. Fino al rigore, nessuna delle due squadre aveva costruito in modo da poter goleare. Forse per questo ho annotato al 27’: "noia (mia)". Messa sotto di un gol, la Juve è incattivita gettandosi animosa alla rimonta. Un’azione veronese stordente e bella ha finito di illuderla. Era il 2' del secondo tempo: Pacione ha aperto di capa a Berthold ala destra: il tedesco (osservato da Beckenbauer) ha eseguito un ottimo cross di piatto: sul pallone meno alto di un metro è irrotto ciclonico da sinistra il bisontino Larsen il dano: un gran balzo a colpire di esterno destro al volo: inversione di rotta della palla e gol. Qui la Juve ha mostrato buon sangue e pessima vena. L’amico Marchesi ha ragione di ammettere che la squadra l’ha soddisfatto per l’impegno. Moralmente, il giudizio è inappuntabile. Sul piano tecnico, invece, sunt lacrimae rerum. La nuova Juventus è stata valutata da tempo su questo giornale. Solo i suoi tifosi, con l’orgoglio offeso dei Thugs, austeri seguaci della dea Khalì, si sono ribellati al giudizio tecnico. Sono tutta gente amabile quando si valutano realisticamente le sue rivali, ma guai a dubitare della Juventus. Per amore vedono Magrin sostituire degnamente Platini il Grande; per mera devozione esultano ai gratuiti dribblings di Mauro e di Laudrup, autentici masturbatori di grilli. In centrocampo si scavezzano Bonini e De Agostini, i cui limiti sono noti: ma è chiaro che l’impegno non basta né a far gioco né a proteggere la difesa, che è forse grande - per ora - nel solo sversato Porthos Tacconi. In avanti Rush, la povera sparuta Grosse Berthe del Galles, mai una volta servita con decenza: al suo attivo, due sole disagevoli incornate acrobatiche, agevoli invece per Giuliani. Marchesi sostiene - e altri con lui - che la Juventus avrebbe meritato il pareggio. 

Antonio Di Gennaro
Io ho visto Jachini alzare una palla-gol al 10' e Larsen aprire una possibile palla-gol per Berthold, che Cabrini ha steso di sgambetto in area (16'30"). Ho poi assistito al fescennino arbitrale più tragicomico della mia lunga, lunga carriera di guardone pedatorio. Sentite. Magrin batte un angolo al 22' e Brio l’incorna oltre Giuliani: sulla linea di porta è Di Gennaro, che respinge come può. Gli juventini esultano per il gol perché hanno visto la palla entrare. Giuliani effettua la rimessa perché la palla è poi uscita sul fondo. Galia coglie quella rimessa e da sinistra si accentra a battere il tiro del 3-1, che manca di un soffio in diagonale. Intanto gli juventini sono intorno al guardalinee e ottengono che anche l’arbitro lo ascolti. L’arbitro confabula con il suo guardalinee e concede il gol alla Juventus. Solo al 26' (dopo 4’!) riprende il gioco con palla al centro per il Verona. Da questo momento, l’ineffabile Bergamo esce di soppiatto dal suo funereo vestito e ripara fra le nuvole più vicine al buon Dio. Tutto quanto viene perpetrato in area è bellamente ignorato dal fischietto rimasto in terra. La gente veronese s’impressiona e minaccia di contagiare i suoi giocatori. La Juventus esercita un forcing deciso ma impotente. La palla-gol più clamorosa capita a Di Gennaro (30’), che banalmente la sciupa levando troppo l’alzo. Il finale è caotico ma francamente la statistica dà ragione al Verona e torto alla Juventus, due volte sconfitta fuori casa.

Per finire, un cenno alle milanesi. La benamata Inter sta perdendo a Torino, dove il primo dei Ferri indovina un tiro uno-su-mille folgorando Zenga senza mercé. Scifo viene messo fuori perché possa rifiatare. Matteoli trova a sua volta l’occasione del tiro da fuori e uccella Lorieri, incautamente uscito di porta. Pierìn Dardanello su "Tuttosport", accusa apertamente il portiere; Luis Radice sente di doverlo scusare: se abbacchia anche quello, chi fa giocare in porta, il presidente Mario Gerbi? Giovanni Trap prende atto del dono e promette la vera Inter per il tardo autunno. Viva. Il Milan mette sotto l’Ascoli, temibile eversore del Torino. Castagner ammette che l’avversario era troppo forte per lui e i suoi. Arrigo Sacchi invita il tifoso a gioire della vittoria senza guastarsi il palato con i peli insiti nell’uovo fin troppo liscio della tecnica. Viene ammirato un formidabile Gullit, che Sivori giudica a mezzo fra Kempes e Pelè. Kempes era un animale da gol ottenuti con il ringhio. Pelè era un semidio. Gullit vale due Kempes ma il momento della sua apoteosi non è ancora venuto. Se è vero che si chiama apoteosi la cerimonia di divinizzazione. Gullit è solo avviato a scalare le colline pre-olimpiche. Campa cavallo.

"La Repubblica", 6 ottobre 1987

La legge del 10 è "rigorosa"

di Kim

Bisogna rasserenare l'ambiente: domenica scorsa ho parlato del 4 che porta male; oggi parlerò del 10 che porta bene. Le squadre che rimangono in dieci uomini per decisione arbitrale non perdono mai però, appunto, occorre che si tratti di decisione arbitrale: se un allenatore manda la squadra senza il libero non vale. Chi, in questa regola ci sguazza, è la Roma: poco meno della metà dei suoi punti (3 su 7) li ha ottenuti in inferiorità numerica. Aveva cominciato ad Ascoli: a parità di uomini perdeva, ma appena le è stato espulso Manfredonia ha ottenuto un rigore e Boniek ha pareggiato. Ieri, contro il Pisa, in parità numerica non vinceva, ma appena è rimasta in dieci per l'espulsione di Policano ha ottenuto un rigore e ha vinto. Sembra che adesso Liedholm, ai suoi, oltre che lo stacco imperioso gli insegni anche il fallo maligno sotto gli occhi dei segnalinee.

Spiace per il Pisa: domenica scorsa, quando è stato ridotto a dieci ha ottenuto un rigore e ha battuto il Napoli; ieri, quando è stato in superiorità numerica, il rigore lo ha avuto contro e le ha prese. Ma perché non imparano a fare il fallo di reazione, in modo che l'equilibrio rimanga. Anche il Pescara, ieri, si è giovato della legge del 10: fin che c'erano tutti non riusciva a battere il Cesena, ma appena le hanno espulso Junior ha vinto. Non ha trovato un rigore, ma ha trovato un'autorete, e siamo lì.

Però questa storia dei rigori sembra che finisca qui. Corre voce che nuovi accordi tra Craxi e il Vaticano ci siano anche nelle decisioni sul calcio, che è fenomeno di massa come la scuola. Per prima cosa sembra che in futuro gli arbitri - essendo la Somma Potenza della partita - non saranno più scelti dalla Commissione Arbitrale, ma dalla Commissione Episcopale e, stante l'importante ruolo che svolgono, non arbitreranno più in frivole braghette, ma con austere tonache al cui disegno sta lavorando il socialista Trussardi.

Poi, il peccato più grave che si possa commettere, un fallo da rigore appunto, non sarà più sanzionato con una punizione ma con una penitenza: chi lo ha commesso dovrà recitare tre Pater, Ave e Gloria gridando ogni volta Viva Garibaldi per sottolineare lo spirito laico e risorgimentale. In più i giocatori cattivi non saranno espulsi dal campo, ma dovranno andare in un angolo a fare gli esercizi spirituali. Anche il segno della croce, tanto caro a Maradona, Vialli e molti altri, non potrà più essere fatto come adesso entrando in campo, ma nel periodo compreso tra il primo e l'ultimo minuto della partita, dopo che il monsignore arbitro avrà dato inizio alla lezione. Sarà facoltativo, ma potranno farselo tutti, proprio come l'ora di religione a scuola.

"L'Unità", 5 ottobre 1987, Gli eroi della domenica

4ª giornata

4 ottobre 1987, ore 15

Il "rude castrone", secondo Brera,
Andrea Carnevale
Il Napoli consolida la sua leadership andando a vincere in trasferta al "Partenio", controllando la partita e stoccando nel finale col neo entrato Andrea Carnevale. Tiene il passo la Roma, che prevale con merito sul Pisa su rigore (calciato da Zibì Boniek), dopo aver largamente dominato il primo tempo e pur essendo rimasta in dieci. Sempre un rigore, provocato da Gianluca Vialli, è decisivo, a Como, dove la Sampdoria espugna il "Sinigaglia" in una partita di modesto spessore. Il Pescara di Galeone riesce a risolvere su autorete a pochi secondi dalla fine un match peraltro dominato sul Cesena, e si erge inaspettatamente al terzo posto in classifica. Polemiche sull'arbitraggio di Verona-Juventus da parte di Paolo Bergamo: rigore dubbio ai veneti, gol fantasma a Madama convalidato dopo un minuto di ... gioco; alla fine vincono gli XI di Osvaldo Bagnoli, che incassa seraficamente il risultato. Risale la classifica il Milan che gioca a una porta con l'Ascoli: risultato stretto rispetto alla mole di gioco espressa, nella quale comincia a svettare la stella di Ruud Gullit. L'Inter del Trap strappa un pari al Comunale contro il Toro, che fa la partita per un'ora e poi subisce la reazione nerazzurra: bellissimo il gol del pareggio di Gianfranco Matteoli. Scialbe reti bianche nel derby toscano: l'Empoli rosicchia però un altro pezzettino del suo handicap.

Risultati

Avellino - Napoli 0:1 | (0:0) - Tabellino - HL
Como - Sampdoria 0:1 | (0:1) - Tabellino - HL
Empoli - Fiorentina 0:0 | (0:0) - Tabellino - HL
Milan - Ascoli 2:0 | (1:0) - Tabellino - HL
Pescara - Cesena 1:0 | (0:0) - Tabellino - HL
Roma - Pisa 1:0 | (0:0) - Tabellino - HL
Torino - Inter 1:1 | (0:0) - Tabellino - HL
Verona - Juventus 2:1 | (1:0) - Tabellino - HL

Classifica

8 Napoli
7 Roma
6 Sampdoria
6 Pescara
5 Verona
5 Milan
5 Fiorentina
5 Inter
4 Juventus
3 Ascoli
3 Torino
2 Avellino
1 Como
1 Cesena
0 Pisa
-2 Empoli  *
* 5 punti di penalizzazione

Marcatori

4 reti: Boniek (Roma),  Elkjaer-Larsen (Verona),  Polster (Torino)
3 reti: Scarafoni (Ascoli),  Schachner (Avellino)
2 reti: Altobelli (Inter),  Bagni (Napoli),  Diaz (Fiorentina),  Junior (Pescara),  Mancini R. (Sampdoria),  Rush (Juventus)

Prossimo turno (11 ottobre 1987, ore 15)

Ascoli - Empoli | Cesena - Torino | Fiorentina - Avellino | Inter - Verona | Juventus - Roma | Napoli - Pescara | Pisa - Como | Sampdoria - Milan

La parola alla Juve

di Gianni Brera

El Gioânn introduce alla 4ª giornata di campionato ribadendo la convinzione che il Napoli campione d'Italia continui a esprimere il migliore calcio del campionato, nonostante "la mezz'ora di folle eretismo dinamico espressa con il Real" nello sfortunato match di Coppa. E ribadisce il suo credo nel "difensivismo storico, da privilegiare sempre (o quasi) rispetto all'idealismo", mentre Arrigo Sacchi gli appare come "un apostolo soggiogato da visioni celesti".

Celebriamo la quarta di campionato, ricca di ben due classiche, a Torino e Verona. Il Napoli capeggia sub judice la classifica domenicale: con l’Avellino, farebbe otto punti se avesse già ottenuto giustizia. Come è solo in attesa, la sua partita divide il terzo posto con Empoli Fiorentina e Milan Ascoli (somma punti 6). Le due prime in gerarchia sono Verona Juventus e Torino Inter, che assommano ciascuno 7 punti. Esaurita la parte statistica, che corrisponde al riscaldamento del cursore, i polpastrelli anelano ad argomenti propriamente calcistici. E il primo riguarda il Napoli, che ha da smaltire al Partenio serie ruggini materiali e morali, e certo rischia grosso. L’Avellino ha appena smaltito la mortificazione sofferta dalla Roma, meglio sarebbe dire per opera della. Sicuramente schiumerà rabbia: e non avrà gli stessi impedimenti del Napoli. Sulla statura delle due campane, nulla si può inventare. Il Napoli accusa lo stress dello scudetto e del rude mondiale Diego Maradona: inoltre, lo ha di certo ottenebrato la mezz'ora di folle eretismo dinamico espressa con il Real. Super chartam, il Napoli è medio proporzionale fra l’Avellino, piccolo e tosto, ed il Real Madrid, grande e non solo tosto, bensì feroce anche nel cinismo. Contro Maradona vanno spendendo abbai (cagneschi, a dir vero) tutti coloro che ne invidiano la bravura e la gloria senza affatto pretendere di andare oltre l’uggiolio, ho notato io stesso che Diego è come tutti gli uomini mortali: a faticare si stanca lui pure psicofisicamente: è dunque logoro la sua parte, e il Napoli deve augurarsi che smaltisca ogni tossina cammin facendo, altrimenti gli toccherà di arrendersi anzitempo. Nessuna squadra esprime per ora in Italia un calcio superiore a quello dei campioni: forse mi smentiscono a tratti il Verona e la Samp, che viene dall'averlo giustiziato malamente. Però le altre designate protagoniste si arrabattano ancor oggi alla ricerca di schemi e di fisionomia tecnico-agonistica. 

Eccessi giornalistici
Il più sconcertante è il Milan, proprio perché il suo cast si qualifica di valore eccelso. Non stupisce invece la Juve, i cui acquisti non entusiasmano se non in Rush, fromboliere di fama mondiale. Per contro, stanno ingranando bene la Roma - provvisoria patronne della classifica - e l’Inter, che sta ingegnandosi di dare degni serventi ai suoi due cannoni di sport in batteria. Fuor di metafora, Serena ha esteso i limiti del reddito offensivo nerazzurro. E Altobelli fa stravedere ed entusiasma chi non lo ricorda su posizioni diametralmente opposte e conturbanti. Il carisma di Scifo, anche esso di importazione (!), deve tuttora convincere i rifornitori designati: quando avrà da giocare un numero adeguato di palloni, il siculo-belga imporrà sicuramente i diritti del suo stile. La vecchia Roma si rifà al genio adusato di Lidas, che ha da prendersi qualche soddisfazione nei confronti di Milano. La sua rosa ha tanti petali da soddisfare qualsiasi raffinato amatore. La Juventus si è allenata con i maltesi riscuotendo fischi da 4mila sparuti zelatori. "Per questa platea - aveva l’aria di deplorare Boniperti - è già molto se si è giocato per fare tre gol e passare il turno". C’era amaro dispetto nelle sue parole. In città meno frigide di Torino la gente avrebbe egualmente onorato l’oggetto del suo tifo (parlare di fede e di culto è un po' ridicolo). Gli juventini hanno quasi sempre sentito cantare la Callas, la cui degna proiezione padana (ma quanto stile!) è la energica e pur soave Milva. Se gli mandano alla ribalta una mondariso con lo strillo, garantito che gli juventini metropolitani non si degnano. Oggi la Juventus avrà qualche fastidio a Verona. Bagnoli ha sfogato sui polacchi di Stettino la rabbia accumulata in panchina a Marassi. Nella sua faretra sono infisse altre frecce sibilanti: e gli arceri bravi non mancano.

La Roma riceve il Pisa, che i giudici rimanderebbero a zero. La solidarietà verso Anconetani, che trovo geniale anche nei momenti di meno convinta isteria, esprimerò meraviglia per la squalifica comminata a Eliot e non a Bagni, che è stato il primo a menare le mani. Davvero gli arbitri scrivono i propri referti prima di aver visionato la moviola di Carlino Sassi? La domanda esprime un dubbio legittimo. Penso che dobbiamo ai vizi ippofili di Bruno Roghi buonanima la denominazione di "derby" per gli incontri fra concittadini o corregionali. Bene: di derby ce n’è addirittura due, oggi: quello di Campania, ad Avellino, e quello di Toscana, ad Empoli. Sulle ruggini del Napoli si è detto; sugli stenti della Fiorentina in proiezione offensiva dobbiamo tornare dopo l’impennata di San Siro e la mezza picchiata del Comunale. Dovendo assumere l’iniziativa, i rischi sono pari alle difficoltà: è bastato l’onesto Como a dimostrarlo. E oggi ritenterà l’Empoli, sperando che si ripetano le estasi godute con la sbolinata Juventus della II di campionato. Il Como riceve la Samp, genio e sregolatezza. Non darà fiducia se non alla prudenza: Agroppi e Sandro Vitali sanno di calcio come pochi: la mia perifrasi vuol solo inneggiare al difensivismo storico, da privilegiare sempre (o quasi) rispetto all'idealismo. Boskov è un allegro danubiano di Vojvodina. Vedremo come se la sfanga fra i civettuoli spalti del Senigallia. Il presidente Mantovani raggiungerà Como direttamente dai suoi feudi svizzeri, estesi quanto nessuno immagina.

Alberto Bigon
Pescara-Cesena è già un ballottaggio per le retrovie: lo scontro vale doppio anche secondo aritmetica. Galeone è tornato da Torino con qualche ruga incisa più del solito. Ha ammainato in fretta i pappafichi senza perdere il senso della misura. Può essere più utile al calcio senza illudere i poveri diavoli di vedere splendere l’ottone come l’oro. E' utile al calcio chi normalmente ne parla senza deformarne lo spirito. Il Cesena di Bigon ha lucrato un punto con il grande Milan, giocando peraltro in modo da ridurlo a piccolo. Bigon è difensivista storico; Galeone si proclama idealista. Confermi di esserlo correndo i suoi bravi rischi in offensiva. L’impulso di pretta natura ideologica induce il cronista a privilegiare chi la pensa come lui. Questa è un’ammissione non un pronostico. Il Milan affronta a San Siro un avversario preoccupante. L’Ascoli di Castagner gioca il calcio "italiano" nelle sue forme più essenziali e cattivanti. Si tiene bloccato in retrovia e rispetta le equidistanze fra i reparti, con variazioni ovviamente dettate dal momento tattico. Arrigo Sacchi è un apostolo soggiogato da visioni celesti. Sulla carta, lo stacco fra il Milan e l’Ascoli è di tre punti. Sul terreno di gioco, la teoria può venire smentita in modo e in misura clamorosi. Se ne ricordi capitan Berlusconi e lo soccorra Fidel Confalonieri, semmai sia caduto in amnesia. Questa frettolosa parafrasi del calendario mi è toccata pochi istanti prima di andare al Teatro Antonianum di Padova, dove si presenta il mio libro dedicato all’U.S. Petrarca (Una sfida all’Italia). Il generoso lettore capisca la pedalata, non proprio degna di Moser, e voglia benignamente perdonare il suo umile servitore. Buona domenica a tutti.

"La Repubblica", 4 ottobre 1987