14ª giornata

10 gennaio 1988, ore 14:30

Fusilli al vento, Gullitt continua a risolvere le partite
Grande prova d'orgoglio dei campioni d'Italia dopo la sconfitta di Milano. Maradona è in giornata incontenibile e la Fiorentina esce dal San Paolo dopo aver fatto da spettatrice a 90 minuti di grande calcio partenopeo: corsa, pressing e fantasia. Da incorniciare la punizione nel sette (l'ennesima, ok, ma questa è tra le migliori in assoluto) del Pibe. Primato ribadito e titolo di campione d'inverno con una giornata d'anticipo. Chapeau! Il Milan espugna, non senza patemi, il Comunale di Torino dopo 17 anni: lo sciagurato Rush si mangia due occasioni, solo soletto davanti a Galli. Il pressing e gli automatismi dei rossoneri cominciano a essere continui, ma il gol arriva da calcio da fermo, ed è timbrato dalla solita incornata di Gullitt, vero deus ex machina del cambio di marcia milanista di queste prime giornate dell'anno. Resta attaccata al treno di testa la Sampdoria, che non incanta a Pisa ed espugna l'Arena Garibaldi con un bel tiro da lontano di Luca Pellegrini: il resto è mero contenimento. Si sgancia invece, forse definitivamente, la Roma, opaca protagonista di un pareggio casalingo contro il Torino, lesto ad approfittarne col solito Gritti in contropiede. Maramaldeggia anche Scifo, l'UFO nerazzurro, su un Cesena in gita a San Siro che si concede subito un paio di volte a inizio partita e poi assiste con generosità agli sprechi di Altobelli e compagni. Il Verona, in trasferta sul Lario, acciuffa il pari con una pedata di Giuseppe Iachini a quattro dal termine, ma il Como avrebbe meritato più di un punto. Sale all'ottavo posto - nientemeno - l'Ascoli, battendo nel confronto adriatico un Pescara che aveva tenuto in mano il gioco per 80 minuti: come nei migliori derby, lo scippo avviene in cinque minuti, dapprima nel mischione e poi con una zampata vincente di Casagrande praticamente sotto la doccia. Suicidio, infine, al Castellani, dei due fanalini di coda, che spartiscono il pane azimo di un pareggio senza reti: al fischio di Paolo Casarin la partita offre anche le sue emozioni, ma alla fine il copione scivola inesorabile verso il suo esito scontato.

Risultati

Ascoli - Pescara 2:1 | (0:1) - Tabellino - HL
Como - Verona 1:1 | (0:0) - Tabellino - HL
Empoli - Avellino 0:0 | (0:0) - Tabellino - HL
Inter - Cesena 2:0 | (2:0) - Tabellino - HL
Juventus - Milan 0:1 | (0:0) - Tabellino - HL
Napoli - Fiorentina 4:0 | (3:0) - Tabellino - HL
Pisa - Sampdoria 0:1 | (0:1) - Tabellino - HL
Roma - Torino 1:1 | (0:0) - Tabellino - HL

Classifica

23 Napoli
20 Milan
20 Sampdoria
18 Roma
15 Inter
14 Juventus
14 Verona
13 Ascoli
13 Cesena
12 Torino
12 Fiorentina
12 Pescara
11 Pisa
10 Como
7 Avellino
5 Empoli *
* 5 punti di penalizzazione

Prossimo turno (17 gennaio 1988, ore 14:30)

Avellino - Inter | Cesena - Ascoli | Fiorentina - Juventus | Milan - Como | Pescara - Empoli | Sampdoria - Napoli | Torino - Pisa | Verona - Roma

Lo zio di Maradona

di Kim

Cominciamo bene: intendo con questa storia che l'anno bisestile è un anno sfortunato. Ne sanno qualcosa i popoli d'Oriente che manco avevano finito di digerire il lesso di serpente e si sono visti arrivare a casa Goria di cui nessuno sa niente. Insomma: è stato un inizio eccessivo; ci avremmo creduto anche senza tutti questi sfracelli in una vòlta sola: ce ne sono stati tanti, che ormai chissà come farà, l'88, a menare gramo anche per i prossimi dodici mesi.

Al Napoli, per esempio, non poteva capitare di peggio di quello che gli è capitato ieri in una volta sola. Ha perso la prima partita di questo campionato, l'ha persa beccando quattro gol dal Milan che normalmente li segna in un semestre e ieri invece ha segnato persino Donadoni che i suoi amici non vogliono nemmeno come segnapunti quando giocano a biliardo perché sbaglia i conteggi dei filotti. Poi hanno scoperto una verità e un'altra l'hanno intravista: da ieri sera il Napoli ha 21 punti e il Milan ne ha 18, il che significa che Ferlaino deve fare erigere dei monumenti ai genieri: senza il bombardiere di Pisa, quello che ha centrato Renica, il Napoli avrebbe 19 punti e senza il bombardiere di San Siro, quello che ha centrato il portiere della Roma, il Milan ne avrebbe 20: cioè sarebbe il primo in classifica, col Napoli dietro, a inseguire ma con un grave handicap: il fatto che non ha più Maradona.

Diego durante Milan-Napoli
Ieri Enrico Ameri ha preso il coraggio a due mani e lo ha detto: a San Siro Maradona si è visto poco. Alcuni ambienti occidentali di Islamabad, degni della massima fiducia (sono quelli che forniscono le notizie sulla guerra in Afghanistan; le uniche fonti alle quali attinge la grande stampa), hanno detto che non è che Maradona si sia visto poco; non c'era proprio: era ancora in Argentina ad allattare la pupa. Si era confuso per via del fuso orario. In campo c'era, sì, un signore con la maglia numero 10, ma si è capito subito che non era Maradona, ma suo zio - che di cognome fa Scognamiglio -, che si è fatto riconoscere perché entrando in campo si è fatto il segno della croce, proprio come suo nipote che lo ha fatto assumere dal Portici ...

"L'Unità", 4 gennaio 1988, Gli eroi della domenica

Bravo Milan, ma ora respira

di Gianni Brera

Con un aggettivo desueto - "discaro" - il Maestro non manca di ribadire le sue inveterate convinzioni ideologiche nemmeno di fronte allo sconquasso portato al campionato e al calcio italiano dal Milan di Sacchi, che si rivela al mondo nei primi giorni del 1988. Riemergono anche le vecchie passioni della gioventù, la boxe, per spiegare che il Napoli ha sì perso, ma non ha finito la sua corsa. Del Milan continuano a non convincere Brera gli "estri dinamici", e "l'ottimo Arrigo Sacchi viene da me scongiurato di ridurre al minimo le profusioni dei suoi (cioè la fatica, lo sciupio) ...".

Capita spesso, parlando calcio, di ricorrere alle metafore del pugilato: eppure è difficile far concordare i due sport. Adduco un esempio immediato. Per il Napoli goleato a San Siro, parleremo di knock out o di knock down? Si dice knocked out il pugile che rimane steso oltre il conto massimo (10); si dice knocked down il pugile messo giù per meno del conto massimo, quindi in grado di rialzarsi e tornar a combattere. Seguendo i miei sentimenti all'inizio dell'incontro, io debbo dire che il Napoli è stato solo knocked down. Parleremo di knock out quando sarà evidente che ha perso lo scudetto. Per il momento, la squadra campione d'Italia è a più 2 in media inglese, contro il meno 1 del Milan e il meno 2 della Samp che lo inseguono. Dunque la sua caduta di San Siro non pone fine all'incontro. Semmai giova ad animarlo ancor più. Ho detto dei miei sentimenti all'inizio di Milan-Napoli (per quasi un quarto d'ora) e qui li preciso. Per paradossale che sembri, il modulo del Napoli mi è piaciuto più di quello del Milan nei minuti di avvio.

Non per caso è passato primo il Napoli, con un gol così bello che il mio inconscio milanista si è subito aggrappato all'uncino del possibile fuori gioco di Careca (10'). Il Napoli era ben bloccato sulle equidistanze e reagiva con rilanci spesso precisi, veloci, perentori. Direi che ha fatto vedere il meglio finché non si è spenta l'autonomia dei due assi sudamericani. Allora il Napoli è andato insieme come il latte cagliato per il caldo (questa è l'espressione lombarda): e andare insieme significa confondersi, guastarsi.

Il Milan giocava un calcio molto olandese, a me discaro per vecchie convinzioni che oso sperare non superate. Profondeva energie in misura abnorme e quindi pericolosa. Non per altro ha sbagliato tanti gol. La goleada avrebbe potuto assumere proporzioni doppie. Virdis, che pare inamidato, ha sprecato due palle gol. Colombo e Filippetto Galli una per uno, una anche Gullit, incornando sul palo. Taccio di Evani e Ancelotti, impegnati in tiri velleitari da fuori. Via via che si entusiasmavano i miei cacciaviti, io ruminavo dentro il timore (che spero infondato) di veder rifulgere il gioco del Milan per sola virtù degli estri dinamici. A quel ritmo è impensabile che una squadra possa resistere a lungo, soprattutto connettere e brillare. Più facile che vi riesca il Napoli, bloccato com'è su equidistanze sagge e su cadenze più moderate. Questo non toglie che anche il ritmo tenuto dal Napoli fino al XIII fosse pericoloso e che il vantaggio fin troppo largo possa averlo illuso. Ora si aspetta che si rialzi dal knock down. La squadra campione non va riscoperta: va solo riportata a uno stadio di normalità psicofisica. A San Siro questa normalità era chimerica. E il truculento Milan di Sacchi l'ha posto in drammatica evidenza. Ciclone Gullit De Fusillis si è confermato il fenomeno di cui mi parlava da Amsterdam il pittore Perelli Cippo. Il pittore è interista e avrebbe voluto Gullit in nero-azzurro. Quando salì Cella a vederlo, De Fusillis aveva scommesso di non toccare palla... per favorire cinque consoci di pelle, militanti in una squadra vicina alla retrocessione!

Poi si è fatto avanti Capitan Berlusconi e Gullit si è vestito in rosso nero. Ora sappiamo tutti che è una forza della natura, non solo, ma anche uno capace di mirabile puntiglio. Goffi i napoletani che avevano irriso al suo titolo di Mister Europa. Gullit li ha smentiti senza ringhiare, con folgorante impegno. Ha servito due palle-gol da ala destra; ha incornato sul palo; ha uccellato Garella due volte (una a favore di Donadoni: ma non era attivo il suo fuori-gioco?), ha sparato da 30 metri un destro omicida su calcio franco. Ha galvanizzato i compagni fino a inciuccarli di corsa e di entusiasmo. Personalmente ho sofferto a vedersi spremere due stupendi ragazzi quali Colombo ed Evani. Passi per il piccoletto, finta ala, ma Colombo non può smarcarsi da punta e recuperare da mediano senza crepare. L'ottimo Arrigo Sacchi viene da me scongiurato di ridurre al minimo le profusioni dei suoi (cioè la fatica, lo sciupio). Più ragionevole è il ritmo più efficaci risultano gli schemi. Se grido "In alto le bandiere e i canti!", subito mi raccomando che il calcio non sia tutto podismo: dico il calcio del Milan: le bandiere del Milan, i canti in onore del vecchio Milan caro e grande.


"La Repubblica", 5 gennaio 1988