Maradona Padre Nostro

di Gianni Brera

Constatato che il non molto (da lui) stimato Giovanni Galeone ha raccattato gli stessi punti quanto due tecnici (da lui) molto stimati come Schopenhauer Bagnoli e Luìs Radice, el Gioânn non può non esclamare: "Dio, com'è difficile esser logici in materia di pedate" ...

Campionato di calcio, giornata VII. Vincono tutte le grandi ad eccezione delle Milanesi e del Verona, che forse grandi saranno domani, non oggi ancora. Il Napoli gioca con un titolare di meno in ogni reparto: il libero Renica, il play-maker Bagni, il centravanti Careca. Lo spericolato Empoli lo infila in bellezza dopo soli 7’. E la rimonta non è ardua solo per le ricorrenti esplosioni del genio maradoniano. Il pibe patriarca ha intuito che il Napoli era tutto sulle sue spalle ed ha accettato il peso con una dedizione da tempo dimenticata. Pare abbia fatto prodezze strabilianti. Innanzi tutto i gol; poi, squarci pedatori di altissimo virtuosismo. L’artista sembrava in polemica con l’universo mondo e con se stesso. Sgonfiato sugno, non dissolto! Chiamati a dar pie' forte, gli altri napoletani hanno mostrato un tantino la corda, soffrendo anche l’Empoli. L’arbitro li ha favoriti com'è fatale che accada durante i risaputi confronti fra Davide e Golia (a ruoli ovviamente invertiti). Se anche avesse avuto la fionda buona, l’Empoli non avrebbe potuto servirsene per l’aperta opposizione del Dio degli eserciti.

Hans-Peter Briegel, Toninho Cerezo e Vujadin Boškov
Quanto a Diego Armando Maradona, ha confermato di essere il deus ex machina, il plus che fa del Napoli la squadra più forte. Senza il suo apporto, poco rappresenterebbe nell'ambito nazionale: vogliam dire non più delle altre contendenti. Fra le quali sono rimaste in scia diretta la Sampdoria e la Roma: tre punti di ritardo sul Napoli, uno di vantaggio sul Milan e sulla Fiorentina: due sulla Juventus e sull'Inter, appaiate a quota 8. Per vero dire, il convoglio non si interrompe qui. Verona, Torino e Pescara seguono a 7: e la sfilata continua scalando di punto in punto. Ogni domenica può apportare sommovimenti gravi. La più pimpante fra le inseguitrici del Napoli sembra oggi la Sampdoria; ma il suo stratega si agita in panchina accusandola di pigrizia dopo i due primi facili gol inflitti al Cesena. Mancini (2) e Vialli lo smentiscono raddoppiando. Ora, se fra Cesena e Como scegli il Como, devi essere equo nel valutare la Roma sulla stessa altitudine della Samp. Salsano e Vierchovod sono andati a segno con i romagnoli, e Giannini ha fatto subito secchi i lombardi. Poi hanno segnato Voeller e Boniek. Le veementi folate della Roma non hanno incantato meno di quelle doriane. I dioscuri di Boskov promettono altri sfracelli. La sola vera avversaria da temere è la gnagnera da Riviera. Insisto nel ricordare a Mantovani che Sarosi e Frossi avevano esaltato il Genoa mettendolo frequentemente a riparo della corniche: cioè nell'entroterra.

La Fiorentina ha percosso quattro volte il Pescara, aperto senza malizia alle sue brame. Il conte Flavio Pontello non ha mancato di proclamare Firenze la nuova "pedatarum universitas" e di celebrare in Eriksson il suo degno rettore. Prima di assumere questo atteggiamento, nobile quanto lui, il gentiluomo avrebbe dovuto rivolgere un grato pensiero a Galeone. Se però qualcuno avvertisse l’uzzolo di irridere al tecnico napoletan-furlano, sarei costretto a ricordargli che il modulo c’entra poco. Il Pescara è quello stesso o quasi che venendo dalla Serie C ha prodigiosamente azzeccato la promozione alla A. Galeone è troppo arguto per assumere i toni del profeta. Prescrivesse qualche marcatura ad personam, forse divertirebbe meno i pubblici dei quali è ospite: però toglierebbe estri a una squadra che, bene o male, ha infilato 2 volte l’Inter a San Siro. Anche in quell'occasione fausta, la difesa pescarese aveva lasciato sette-otto palle-gol ad Altobelli e compagni, che le avevano malamente sprecate. Proprio in considerazione di quegli spropositi avevo ritenuto di non dare molto credito a Galeone. Però ha 7 punti come il Verona e il Torino, i cui tecnici non finisco di laudare. Dio, com'è difficile esser logici in materia di pedate.

Ho rivisto il Milan, impegnato a San Siro con i torinisti di Mario Gerbi e Luis Radice. Ne ho ricevuto impressioni contrastanti. Mi ha sicuramente incantato l’autorità di Baresi II, grandissimo in ogni atteggiamento stilistico. Mi ha mortificato invece la lentezza di Virdis, al quale era stato subito appoggiata da Baresi una possibile palla-gol. Virdis l’ha controllata bene di petto e stava andando così lemme lemme a rete che ha fatto in tempo a recuperare su di lui Corradini, il lontanissimo guardiano di Gullit. Virdis mi ha fatto sincera pena, e con lui il Milan, che pure mi sembrava maestoso fino al momento di rifinire. Poi sbracava. Il mulatto Gullit, che pare abbia in capo una parrucca di fusilli, si è molto agitato in solitudine. Ha avuto sul piede una mezza palla-gol cavandone poco; ha impegnato Lorieri in due parate difficili. Il mediano Crippa, di cui si dice gran bene, ha respinto dalla linea un’incornata gol di Maldini (su angolo). Un’altra palla-gol ha scagliato in porta Mussi e Lorieri l’ha bravamente sventata. Il giocatore che m’ha fatto maggior impressione - con Baresi II - è stato Gritti. Nel secondo tempo ne ha infilati un mucchio e stava anche evitando Giovanni Galli, uscito dall'area, quando l’ha opportunamente sballato Filippetto Galli. Un’altra volta, avviato al gol, Gritti è stato steso da Baresi II in veste di killer (con puntuale ammonizione). Privo com'era di Ancelotti e Van Basten il Milan è apparso ricco di intenzioni e povero di classe. Le immagini iniziali si sono presto sbiadite. Il Torino si è difeso badando al sodo: prima la praticità, poi la ricerca di stile. Più volte ho temuto che Radice uccellasse Sacchi in contropiede: per fortuna del Milan, quel Polster tognino si è rivelato piuttosto pippone: a farlo segnare è l’ottimo Gritti. Costui ha rischiato anche di mandare in gol Berggreen (27’). Gullit si è spento dopo sussulti rabbiosi e impotenti. Tiri inutili sono stati sprecati da Donadoni, Bortolazzi e Colombo. Il Torino ha fatto divertire Bettino Craxi, suo celebre tifoso. Il Milan non ha fatto divertire nessuno. Ahimè no.

1° novembre 1987, Stadio Comunale, Torino
La Juventus festeggia i suoi 90 anni con i colori della prima maglia
Anche la novantenne Juventus [vedi], in jersey color ciclamino e bavero bianco, ha giocato malaccio con l’Avellino. Ha vinto 3-0 ma Umbertino Agnelli ha detto che gli pareva di assistere a un incontro fra squadre svizzere. Pierin Dardanello ha rimproverato Marchesi di pretendere finesses da un nugolo di difensori notoriamente incapaci di andare oltre il ruvido ringhio. Bisognerebbe chiedere a Boniperti chi li ha comprati, ad majorem Juventutis gloriam. È poi vero (en passant) che ha accettato di pagare metà stipendio di Larsen pur di non lasciarlo andare a rinforzare la Roma? Questa politica, di stampo imperiale inglese, mal si concilia con i poveretti affidati a Marchesi. Date eserciti di zoppi a Napoleone e le sue Waterloo si moltiplicheranno. Il discorso si ripete per Trapattoni, che ha un solo incontrista a centro campo, Baresi I, e due virtuosi del dribbling che ritardano le fughe di Fanna e praticamente gli impediscono i cross in aree possibili. I due lungagnoni di attacco aspettano invano. I razzenti pisani fanno di Zenga (e Passarella) una vittima designata. Per la terza volta il nostro Deltaplano guarda intristito il sette alla sua sinistra, traverso il quale penetrano palloni scagliati da molto fuori. Mi restano due righe per il Verona imbattuto ad Ascoli e i lamenti, fondati, non gratuiti, di Castagner malamente beffato. Bagnoli accetta con piacere qualche aiuto arbitrale e arriva a sorriderne deliziato. Preben Larsen Elkjaer è vivamente pregato di rientrare, dovunque si trovi e nasconda per maltrattare l’Utrecht come si merita. Ciao.

"La Repubblica", 3 novembre 1987