Caro Napoli, vai troppo forte

di Gianni Brera

Con stizzita amarezza el Gioânn constata che nella Beneamata "è aggallata con inusitata protervia" la "broccaggine mesta": quando sei costretto ad affrontare la Roma con Piraccini al posto di Scifo "la resa tecnica è mortificante". Come quella del centrocampo cui si è ridotta la Juventus: "Cosa vorreste in effetti da Bonini, De Agostini e Magrin? Menano il torrone con le palette che hanno". Per questo non può non impressionare il Napoli, "saccheggiatore di reputazioni", che veleggia ad alta quota in attesa di incontrare le immediate inseguitrici.

"Serena ogni montagna ..."
Celebrata la IX di campionato. Napoli primo con 16 punti sui 18 in palio; Milan e Samp appaiate sul secondo gradino a quota 13; Juventus e Roma appaiate sul terzo a quota 12; Verona e Fiorentina a 10; Inter a 9. Tanta goduria aritmetica per mettere in evidenza un fatto triste assai: l’estromissione dell’Inter dalla lotta per lo scudetto. La tecnomanzia estiva la proponeva addirittura campione con la Samp. Evidentemente gli astri non hanno congiurato e la broccaggine mesta è aggallata con inusitata protervia. Dà ora il groppo in gola il semplice ricordo dello sdegno con cui certi benamanti, votati più all’amore che alla ragione, accoglievano le critiche ad Altobelli. Pensa quello che vuoi di Ernesto Pellegrini, così fiducioso da concedere all’ineffabile centravanti un contratto fino al 90. E torna a pensare identiche squisitezze sulla reinvenzione di Serena-ogni-montagna (per l’ossessivo ricordo d’un gran verso leopardiano). Aveva l’Inter una difesa di classe mondiale: oggi figura a livello di quella ascolana. Il suo prestigio è minato da un centrocampo labile come il nulla, nel quale il solo a saper conquistare palla è Baresi I, semplice e probo. Il tasso stilistico è passabile solo quando Scifo è della partita. A Roma c’è Piraccini: la resa tecnica è mortificante. Così stravince la Roma e tiene le prime ruote. La media inglese dell’Inter è -5, che è anche quella del Torino giovane. Alla Roma della IX mancavano i due centravanti, Voeller e Pruzzo. La larga vittoria è garanzia per l’avvenire. Nella memoria fin troppo avara dell’Inter cresce l’immagine rozzamente delinquenziale del candido (?) Serena, che un raptus inammissibile porta a camminare sul corpo inerte di un collega. Questo e non altro significa dar fuori da matto.

Impressiona il Napoli, saccheggiatore di reputazioni. Per consolarci, dobbiamo controllare il calendario, che riserba tuttora ai campioni le vere protagoniste. In effetti è quasi impensabile che il ritmo rimanga questo, ottenuto e imposto alle minori del convoglio. Allora avremo conto esatto o quasi delle possibilità presenti e future del Napoli. Il Torino aveva speso generose folate nei primissimi minuti: poi l’ha malamente sgarrettato una punizione "a forma di falce" che Maradona ha cavato dal suo prodigioso collo interno sinistro: la palla ha volitato sostenendosi appena: ha aggirato la barriera e ambiguamente si è posata nell’angolino opposto! Quando si hanno in squadra simili demiurghi, nulla sembra impossibile. Il Torino conferma - insistendo - di aver cuore. Un lungo diagonale di Bagni verso Giordano ala sinistra perpetra addirittura la castrazione (dopo lo sgarrettamento). Giordano volge le terga alla palla: di tacco la controlla e anima di un tocco a ritroso che è anche prodigioso inizio di dribbling: al posto di Careca, autore di coppiola, anch’io avrei segnato, e con distacco sublime. Ora aspettiamo il Napoli agli esami più duri. Il suo tono attuale è spaventoso: e Maradona gioca solo a intermittenze felici. Quando fosse continuativo il suo impegno, nessuno può dire dove arriverebbe il Napoli. 

L’incontro di cartello era a Firenze. La Samp ha dato viva soddisfazione a chi l’aveva diffidata dallo sfiatarsi per immediate incontinenze dinamiche: il Napoli pedala in testa e spetta a lui bucare il vento: la Samp gradui gli sforzi e non rischierà di scavezzarsi i garretti. Proprio così ha fatto la Samp a Firenze. Un primo tempo splendido per l’apporto di tutti, viola compresi. Un autogol da affanno troppo concitato (in Paganin, sostituto di Vierchovod): un pareggio persino ribadito da Cerezo. Vialli tornato allo standard di goleador un po' velleitario: segnasse pure, anche senza le prodezze di Napoli, non avrebbe eguali al mondo. Eriksson molto lieto - dopo il meritato pareggio - di poter esaltare nella Samp e nel Milan le sole degne avversarie della squadra campione. 

Preben Elkjær Larsen, capocanniere con 6 reti
La Juventus manda Brio a sfruttare in gol due rifiniture (una sicuramente volontaria) di Laudrup. L’attacco bianconero langue in attesa di Rush, che ha preso a denunciare insofferenza. Quando lo vedi smarrito e lontano, non pensare male di lui. Ha provato millanta volte a scattare quando il centrocampo aveva palla: non l’ha mai vista arrivare: si voltava allora per sapere cosa ne facevano i centrocampisti: la stavano facendo marcire in tocchi laterali, eufemisticamente chiamati aperture! Cosa vorreste in effetti da Bonini, De Agostini e Magrin? Menano il torrone con le palette che hanno, come gli interisti di Roma. Il Cesena risponde alla Juve con Rizzitelli, che fa pallonetto sopra Porthos Tacconi come Preben Larsen sopra Zinetti del Pescara. Per azzeccare queste prodezze (anzi, solo per tentarle) bisogna aver dentro l’uranio! Ora la classifica ancor possibile della Juve, se non altro volonterosa e diligente, rischia di venir compromessa da uno sgarro d’inciviltà. Avrete sentito del petardo: camminando nel tunnel di canapa che porta agli spogliatoi, Sanguin ha avvertito il botto. Nessuno può dire in qual misura. I medici delle Molinette hanno fatto sottile ironia sulla prognosi: a Sanguin hanno riconosciuto un giorno, pensa lo sfracello timpanico! Diverso il caso di Renica a Pisa: ma se il Cesena asserisce di aver dovuto giocare senza Sanguin e l’arbitro ha visto svolgersi da presso il fescennino, anche il giudice sportivo gli deve credere. Dipenderà tutto da quel che riferisce l’arbitro Paparesta. Quanto all’atteggiamento del Cesena, anche voi lo avreste assunto, se aveste vinto una sola volta su 9. 

Ho sentito magnificare il Milan, vittorioso per 3-0 sull’Avellino. Sono contento che non sia stato al gioco Capitan Berlusconi, presente con il fratello e il mite Fidel. Il Milan non ha giocato per niente da squadrone. Per tutto il primo tempo ha lasciato spazio all’Avellino, che ha barbinamente sciupato - due volte! - il gol dell’1-1. Gullit si è mosso da energumeno felice, vanamente cercando triangoli con Virdis, frenato dalla storia e dalle antiche varici. Visti fratelli cacciaviti insorgere e maledire per la disperazione. La sola difesa all’altezza (superbi atteggiamenti stilistici di Baresi II, da riprendere solo quando porta palla e chiede triangolo nel folto). Il centrocampo - invece - mica male confuso, con la sgradevole sensazione che Milan e Avellino giochino alla pari. Più nitide le due palle gol degli ospiti nel primo tempo: sciupata la prima, deposta la seconda sul ginocchio imperiale di Baresi II, che se ne serve per dar palla a Giovanni Galli: dico dalla linea di porta, non dal limite d’area! Donadoni inventa prodezza incredibilmente sciatta (2-0) compicciando il cross dal fondo sinistro con l’esterno-punta destro: ne esce una palla rachitica molto, e malata di effetti burloni: la parabola termina a cippirimerlo con due spanne di anticipo sulle manone trepide di Di Leo (quante cacofonie: più facile dire e scrivere il patronimico Leosson): e rimbalza in rete sfiorando l’altro palo. Il sinistrone da fuori di Maldini (3-0) era un impulso già sprecato da Ancelotti, che qualche tapino ha visto migliore in campo. Nessuno ha ammirato le finezze di Tassotti, un dì tremendo scarpon, oggi stilista raro? Tre partite dimentico: tutte importanti molto più che belle. Visti bei gol ad Ascoli e Verona, altri più strani ma utili nella pragmatica Como. Qui il mio spazio è finito, e anche la voglia di favoleggiare. Chiudo.

"La Repubblica", 24 novembre 1987